Nel secondo appuntamento del corso di alta formazione promosso dall’associazione “Arte e Vino” al ristorante la Bulesca a Selvazzano Dentro (Pd) si è parlato di comunicazione. Lo stile tagliente ed essenziale di Alessandro Rossi parte dall’assunto che il vino è popolare e democratico nel suo essere oggetto di valutazioni soggettive, molte sindacabili, ma tutte meritevoli di attenzione.

Comunicare un vino, secondo Rossi, è comunicare un’eccellenza agroalimentare che per arrivare all’utente, appassionato, cliente, deve uscire dalla sacralità autoreferenziale di alcuni giudizi lunghi e spesso incomprensibili e avere invece i crismi dell’immediatezza della linearità e dell’accessibilità. Al bando la carta (in realtà Rossi non è arrivato a tale perentorietà di giudizio) e avanti con i social, le foto, i video. Comunque sia bisogna uscire dal tecnicismo schematico, cattedratico, dogmatico, eccessivo a volte nella sua cerimoniosità, e trovare nuovi stili narrativi per raccontare il vino in maniera semplice, non semplicistica. Chi vi scrive, sfiorando forse il passatismo, predilige la slow degustation come un esercizio di lento fumo che invece della pipa usa il calice. E per questo trovo la carta e la provocazione del foglio bianco un’insostituibile fonte di ispirazione, di evocazione e di riflessione intima e profonda per quanto possibile. Vale per il vino e non solo. Preferisco il ritratto alla foto, il romanzo alla cronaca, il vignaiuolo all’enologo. Ma se cronaca deve essere, che cronaca sia, pulita, asciutta ed efficace. Ed in questo Alessandro Rossi è sicuramente un campione e ne sono esempio i suoi libri e i suoi lavori in particolare i poadcast https://deepredstories.com dove le influenze dell’amico Carlo Lucarelli si sentono eccome.

Che dire dei vini proposti? Adeguati e curiosi come sempre, sugli scudi, a mio personalissimo giudizio, il Derthona Timorasso Sterpi 2017 – Vigneti di Massa e il Valtellina Superiore Sassella Marena 2016 – Mamete Prevostini. Tanto gradevole il primo, lungo in bocca e minerale con sentori importanti di pietra focaia, di tostatura al punto da ricordare un Riesling della Mosella, quanto interessante il secondo, nebbiolo chiavennasca, per la profondità degli aromi terziari (cannella pepe e spezie in genere), balsamicità e croccantezza di frutta a bacca rossa.