Una grande F nel destino dei Bareato. La F di Fiducia, che il cliente deve poter avere facendo affidamento nella serietà con cui vengono scelte carni e bestiame. La F di Famiglia che sta alla base di un progetto imprenditoriale impegnativo e ambizioso. La F di Fenice, come l’araba fenice simbolo di rinascita che i Bareato hanno voluto stilizzare insieme al leone nel nuovo logo del gruppo dopo che poco più di un anno fa un incendio aveva incenerito il laboratorio di trasformazione.
«Si dice, soprattutto per un imprenditore, che bisogna sempre guardare avanti. Ma a noi piace anche guardare indietro e pensare ai sacrifici e all’ostinazione nostra e prima di noi a quella di nonni e genitori che ci hanno portati dove siamo» sottolineano Luca Bareato e Maria Pia Tonello, cognati e punti di riferimento con i figli del gruppo mirese. «Siamo cresciuti con l’etica del lavoro e del sacrificio e il rispetto della gente e dei clienti in una comunità dove viviamo da oltre un secolo. E poi non vogliamo essere ingordi per quanto da buoni imprenditori si lavora per averne un profitto adeguato. Prima, sempre, la famiglia».
Così, col groppo in gola di un laboratorio da ricostruire, l’8 dicembre del 2017 hanno inaugurato la nuova Macelleria gourmet in pieno centro a Mira con una cicchetteria, A na’ certa, chiamata così proprio perché “ad una certa ora” — dalle 17:00 alle 21:30 per essere precisi — il negozio si trasforma per la somministrazione e la degustazione di stuzzichini, preparati a base di carni e salumi di propria produzione accompagnati da una scelta originale e studiata di birre artigianali e vini di qualità. «Passando davanti a questo immobile chiuso da tempo mi sono pian piano convinto che fosse in una posizione strategica» ricorda Luca. «Stavamo chiudendo il supermercato in Piazza Vecchia mantenendo una macelleria. E volevamo avviare qualcosa di diverso ma rimanere a Mira anche per un senso di appartenenza alla comunità nonostante ci venisse consigliato di allargarci ed aprire in centri cittadini più grandi e frequentati. Così abbiamo intavolato una trattativa per acquisire lo spazio, completamente da restaurare, in cui avviare la nuova attività. Ma il destino ci ha remato contro e a luglio 2017 un incendio ha bruciato il laboratorio. Eravamo disperati. Pensavamo che tutti i nostri sogni fossero andati in fumo».
«A quel punto Luca ha preso il coraggio a due mani e contro tutto e tutti ci ha convinti che si doveva andare avanti lo stesso» prosegue Maria Pia. «Adesso il nuovo laboratorio è più grande, con due celle in più per aumentare, volendo, la produzione. E siamo felici».
La società è rimasta la stessa che gestisce i punti vendita di Piazza Vecchia, Dolo e Massanzago (PD). Ma a Mira c’è il cuore pulsante e la rampa di lancio della famiglia verso la ristomacelleria. «Volevamo fare una bella bottega con macelleria e gastronomia. Poi con i progettisti siamo andati oltre, volendo intercettare una clientela di nicchia alla quale proporre un prodotto diverso».
La fiducia, dicevamo, riposta dal cliente nella selezione della carne resta l’asse portante della proposta dei Bareato. Perché non si sceglie la carne in funzione, ad esempio, della razza bovina, demandando all’allevatore o al macello la scelta del bestiame da abbattere e sezionare. «Vado ancora io personalmente da alcuni allevatori di fiducia a scegliere il bestiame da processare» sottolinea Luca. «Certo, abbiamo ridotto i punti di acquisto ed eliminato gli allevatori e i fornitori troppo piccoli, quelli non in grado di garantirci certi standard di fornitura e qualità. A tutti, però, chiediamo bovini allevati bene, alimentati solo a secco, e, potendo, di razza Charolais.
A me non interessa che l’animale sia nato in Italia o sia esattamente di una razza piuttosto che di un’altra, per quanto la genetica sia importante essendoci razze versate più di altre all’ingrasso. Mi interessa invece come viene allevato e nutrito e che cresca in stalle curate e attente al benessere. Perché poi sono io che mi rendo garante davanti alla mia clientela della salubrità e della qualità delle carni che propongo».
Che cosa ti fa scegliere un animale piuttosto che un altro nella stessa stalla e a parità di età? «Comperare da uno stesso fornitore bovini allevati ed alimentati in maniera analoga darà un risultato finale in carne sovrapponibile se l’animale è in salute. Quello che faccio io però è diverso: guardo bestia per bestia e scelgo, valutando il grasso sviluppato e palpandone alcuni punti particolari come il petto, sotto l’inguine, dietro la coda.
Ad esempio quando il fondoschiena è dritto l’animale non è pronto; deve essere un po’ stondato, a forma di roast beef. Su questo sistema di selezione è condensata la nostra idea di macelleria e di vendita di carne di qualità. E di certo non abbiamo intenzione di cambiare. In tutto acquistiamo e lavoriamo otto bovini a settimana. Sei i maiali».
In quantità parliamo di un incremento complessivamente di carne acquistata e lavorata pari ad un +25% rispetto al 2017. Ma è la proposta gastronomica ad essere notevolmente cambiata ed arricchita. «Lavoriamo molto. Ma non al punto da mettere a rischio la famiglia, la nostra integrità. Abbiamo la bottega vicina alla chiesa di Mira e con la gastronomia la domenica mattina si lavorava parecchio con le persone di rientro dalle messe. Ma abbiamo visto che non ci restava neanche un’ora per noi. E la domenica e il riposo della famiglia sono importanti e per questo abbiamo deciso di restare chiusi. Vogliamo crescere e aumentare i profitti ma non siamo ingordi».
Poi c’è la cicchetteria A na’ certa, «che è proprio come l’avevamo pensata, con vini regionali e grandi marchi internazionali e birre artigianali di qualità. Tutto in bottiglia. Ci piace pensare che ci sono clienti che vengono da noi anche per la qualità delle birre e dei vini o, meglio, per la loro originalità e le caratteristiche distintive. Abbiamo un cuoco molto bravo che lavora i prodotti in maniera innovativa. Da ultimo abbiamo introdotto qualche coperto per un fast lunch e alla sera si può cenare con le nostre fiorentine e costate, scelte direttamente dal bancone, che si sciolgono in bocca».
Il prossimo passo? «Direi più che altro il prossimo piano, il primo, sopra di noi. Speriamo di restaurarlo appena possibile. Ci vuole tempo da dedicarci e organizzazione e personale adeguato. Ci sarà spazio per circa trenta coperti con cucina a base di carne che sempre, volendo, il cliente può venire a scegliere al bancone. Poi abbiamo idea di definire una proposta per così dire “culturale” fatta di corsi di degustazione, sommellerie…».
«Una cosa che ci fa tanto piacere — concludono Luca e Maria Pia — è che da quando abbiamo aperto abbiamo avuto richieste di lavoro da tutta Italia e di fornitura dei nostri salumi per negozi gourmet di made in Italy agroalimentare anche all’estero».
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