Nessun limite alla sperimentazione e nessuno spazio all’improvvisazione per Simone Dal Cortivo che nel 2008, a Isola Vicentina, è riuscito a fare di una grande passione il proprio lavoro. E oggi vende certezze
Tre requisiti: buona, superiore sotto il profilo gusto-olfattivo allo standard medio, economicamente accessibile. La filosofia produttiva di Simone Dal Cortivo, mastro birraio e titolare del “Birrone” ad Isola Vicentina (VI) è tutta qui. Può sembrare banale ma non lo è: trattasi di scelta aziendale e commerciale netta e tutto sommato in controtendenza ora come all’epoca in cui è iniziata l’attività. «Era il 2008 — ricorda Simone — quando, dopo dieci anni di home-brewing (produzione casalinga di birra per autoconsumo) e vent’anni di panificazione, a Isola Vicentina, con ventiquattro dipendenti e sei punti vendita, sono riuscito a fare di una passione il mio lavoro. All’epoca il 98% del mercato delle birre artigianali era appannaggio delle birre ad alta fermentazione, di tipo belga o inglese, ambrate e rifermentate in bottiglia con un titolo alcolometrico minimo di 5,5° e dal costo tendenzialmente impegnativo, secondo gli stereotipi del tempo imposti da Teo Musso del birrificio Baladin». Ma anche visionario, se consideriamo che dal 2008 esiste un diktat aziendale indiscutibile. «Vuoi diventare mio cliente? Ti devi comperare una tantum anche l’impianto spina refrigerato. Una piccola attrezzatura fornita da noi che mi garantisce dal serbatoio al fusto al camion refrigerato fino allo spillatore di mantenere la stessa temperatura e non disperdere le caratteristiche organolettiche del prodotto. Ho rinunciato a clienti per questa convinzione. Ma oggi è una scelta che paga perché apprezzata dagli acquirenti e dai consumatori. Io vendo certezze».
Al Birrone non fanno magazzino e non hanno grossisti o intermediari di sorta. Il 90% delle spedizioni fino al cliente finale parte da Isola Vicentina. «E con questo sistema ho il controllo del 100% della filiera. L’importante è seguire bene la cantina dove voglio esecutori, non interpreti, in grado di garantirmi come risultato una birra esattamente come l’ho pensata e cercata io. Oggi con la tecnologia a disposizione e i nuovi impianti è tutto sempre sotto controllo. Impianti spinti in grado di soddisfare con una capacità di 60 ettolitri per cotta, tutte le richieste del mercato e di darmi una prospettiva di crescita qualora ne fossi interessato».
Tra gli ultimi clienti acquisiti il Venezia Calcio per il quale viene prodotta una birra personalizzata e XHamster, il colosso europeo del porno in grado di piazzare quantitativi importanti di birra artigianale doppio malto al miele di castagno. Guardando alle prospettive del settore Dal Cortivo ricorda due punti di svolta importanti: nel 2008, con la nascita dei primi birrifici artigianali pensati imprenditorialmente, e nel 2016, da un lato con l’acquisizione della birra Del Borgo da parte del colosso Ab InBev, il più grande gruppo birrario del pianeta, e, dall’altro, con l’evoluzione dei birrifici artigianali basata sui grandi impianti produttivi acquisiti. Vale per il Birrone così come per altri sei birrifici in Italia. «Non vedo il rischio di una bolla speculativa destinata a sgonfiarsi; di birrai artigianali improvvisati che si buttano in un settore di tendenza che rischia di implodere nel tempo. Ma non vedo neanche il rischio di diventare delle piccole industrie perdendo originalità e capacita di sperimentazione. Detto che ci distinguono dalle birre industriali una normativa che impone degli obblighi come il non filtrare ne pastorizzare e dei limiti produttivi (sotto i 200.000 ettolitri/anno) fin troppo generosi, la nostra forza sta in un prodotto che può essere fatto dappertutto, in migliaia di modi diversi, con materie prime di tutto il mondo, aromatizzato come si vuole… ma non si può improvvisare! Nessun limite a nessuno. Nessun limite alla sperimentazione, ma il prodotto finale deve essere equilibrato e per questo competitivo. Questi tra l’altro gli obiettivi che condividiamo sia in Confartigianato Veneto con Ivan Borsato che nella Confraternita della birra artigianale».
Il giro di affari del Birrone? Alimentato in buona parte da fiere ed eventi street food ai quali partecipano. Il 20% arriva comunque dalla mescita direttamente dalla birreria che fiancheggia l’impianto.
Nel 2008 gli ettolitri erano 370, un dipendente e 100.000 euro il fatturato. Nel 2012 1.200 ettolitri e 300.000 euro. Nel 2016, 3.500 ettolitri, 1,5 milioni di fatturato e 14 dipendenti. I primi posti in categorie diverse conseguiti al concorso Birra dell’anno promosso dall’associazione Unionbirrai quasi non si contano più dal 2011 ad oggi, per quello che nel settore è universalmente conosciuto come il re delle basse fermentazioni. «È il nostro biglietto da visita, la nostra caratteristica: bassa fermentazione, piacevolezza e facilità di beva. Ma questo non significa che non siamo in grado di fare bene l’alta fermentazione o sperimentare, come per la birra al mango presentata a Rimini. Va detto che è un mondo in evoluzione e che deve crescere nell’ambito della sommellerie e della birrogastronomia. Sono convinto che le birre artigianali abbiano possibilità di abbinamento col cibo universali, superiori al vino, e che i nostri competitor nel mondo dell’alcol non siano solo i colleghi birrai industriali».
Lo abbiamo già detto, a Simone Dal Cortivo piace sperimentare. Da questa ricerca sono nate birre in edizione limitata, con ingredienti particolari, prodotti di stagione, ricette inaspettate. Tra queste: VI, Lager vicentina; NIPA, Nippon Ipa; TIPA, American Ipa; ENGLISH WAY, bitter; SCOSTUMATA, Oud Bruin; GREEN, birra biologica; COCCA, birra con monococco vicentino.
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