Settembre 2016 – Carpitella a Mestre è un nome conosciuto. Vuol dire macelleria e da qualche anno pure ristorazione. Solito cliché? Evoluzione in ristomacelleria? Non proprio. La carne c’entra ma i due esercizi sono lontani, anche spazialmente. “E funziona molto di più come pizzeria – sottolinea Damiano Carpitella – che come cucina. Inizialmente pensavamo di riuscire a tenere i locali contigui allargando di fatto la rivendita di carni, ma i vincoli urbanistici e commerciali e di destinazione d’uso della bottega in Corso del Popolo si sono rivelati insormontabili”. Una macelleria “metropolitana” in una zona di enorme passaggio, tipica di una cittadina in cui imperversano studi professionali ed uffici, residenzialità dormitorio di genti diverse per provenienza geografica, abitudini culinarie ed estrazione sociale; impersonalità dei rapporti umani, di vicinato. Perché Mestre, frazione di Venezia che ambisce all’autonomia, e su questo voteranno presto l’ennesimo referendum comunale, è proprio una piccola metropoli. E i clienti della macelleria, al di la degli storici, sono tipicamente metropolitani: “sempre di corsa, meno disposti al dialogo, al confronto col macellaio rispetto a qualche anno fa. Attenti alla qualità – sostiene Carpitella – ma anche al prezzo. Curiosi per la novità, per la proposta gastronomica, ma schematici anche nella richiesta di carne”. L’attività di famiglia è iniziata nel 1954 circa col nonno Carlo e poi proseguita con la mamma Luciana e il papà Giuseppe in Via Caneve. Damiano è entrato in bottega agli inizi degli anni ottanta. Da sempre rivendita di carne equina, il bovino è stato introdotto nel 2000 nella seconda location in Via Mestrina. Nel 2007 la chiusura delle due botteghe storiche e l’apertura dell’unico punto vendita in Corso del Popolo. “La nostra clientela storica – evidenzia Damiano – ci ha seguita tutta ed ha questa si sono sommati nuovi consumatori. I primi anni sono andati molto bene, quest’anno stiamo vedendo un afflusso un po’ minore ma in sintonia con gli alti e bassi del mercato. E d’altronde la carne è soggetta alla volubilità di un avventore medio influenzabile dalle notizie più o meno allarmanti che ciclicamente si leggono o si ascoltano sul consumo di carne. La salubrità della carne e spesso, secondo me, per motivi più macroeconomici che nutrizionali o salutistici, è soggetta ad un continuo bombardamento mediatico. Hai voglia te a provare a recuperare fiducia lavorando con qualità, elencando gli aspetti positivi del consumo di carne, la bontà del regime di vigilanza e controlli, ecc”. Un cliente metropolitano anche in questo: più permeabile alle campagne mediatiche sul consumo di carne. Presso la Macelleria Carpitella si trovano tutte le tipoligie di carne in vendita. E la frollatura non è mai inferiore ai trenta giorni. A farla da padrone è comunque il bovino che vale il 40% del venduto; 20% l’equino e il restante 40% tra avicolo e suino. “Sul bovino ci serviamo dalla Societa’ Agricola Italiana titolari di un allevamento di blonde d’aquitaine in Montello nel trevigiano, bestie alimentate solo con materie prime in purezza in grado di garantire una qualità organolettiche elevate, oppure direttamente da Coalvi per la razza piemontese. Acquistiamo mezzene di bestie che hanno caratteristiche, secondo me, superiori in termini di magrezza, morbidezza e sapore rispetto alle classiche francesi che trattavamo fino a qualche anno fa. Costano di più ma mangi mediamente meglio. Sono il risultato di una ricerca continua di qualità – sottolinea Damiano – per arrivare a proporre al cliente uno standard appetibile e fidelizzarlo su questo”. Attualmente l’azienda conta quattro dipendenti e propone oltre ai tagli una discreta scelta di preparati gastronomici. “E credo che su questi potremo ritagliarci qualche spazio in più nel prossimo futuro. Sulla cottura e anche sul packaging abbiamo margini di miglioramento”. Per quanto riguarda il Ristorante e Pizzeria “I Gusti di Carpitella”, scontata la proposta di carne che spazia dalla selezione di crudo con focaccia (preparata con lievito madre), alla tartara e hamburger di fassona piemontese e tagliata di manzo cotto a bassa temperatura. E poi il pollo e il galletto allevato a terra cotti agli aromi, ecc. Ma è sulla pizza che la proposta è variegata con un impasto preparato con farine macinate a pietra e fatto lievitare dalle 48 alle 72 ore alla quale si accompagnano ingredienti selezionati, dalle verdure di stagione fino ai presidi slow food.
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