Ci sono notizie che non si vorrebbe mai sentire né leggere. La morte di Giorgio Cecchetto è una di queste. Di lui abbiamo scritto e raccontato un po’ tutti noi amanti dei suoi vini e del suo Raboso in particolare. A lui e alla sua capacità di accogliere e coinvolgere tutti indistintamente per spiegare la sua idea concreta e avveniristica di viticoltura ed enologia mi legano parecchi ricordi, tutti piacevoli. La sua mitezza, la sua ospitalità, la passione verace per il suo lavoro e l’amore incondizionato per il territorio della Piave ne hanno fatto uno tra gli ambasciatori più autorevoli ed ascoltati del vitigno principe di queste zone, della sua riscoperta, della sua valorizzazione. Un divulgatore instancabile. Ma anche un imprenditore accorto e visionario, attento ai segni dei tempi, ai mutamenti climatici, alle nuove e diverse sensibilità e coscienze ambientali; un uomo verticale con le idee chiare quanto gli obiettivi e i sogni che lo hanno sempre accompagnato. A chi non ha avuto il piacere di conoscerlo e frequentarlo può sembrare l’ennesimo panegirico, che con la morte diventiamo tutti più buoni. Ma non è così. Non questa volta.
Voglio condividere un ricordo prezioso per quello che ha significato per me e per la mia famiglia. Il diciottesimo compleanno di mio figlio Alvise l’ho voluto celebrare con due bottiglie di Raboso 2005 che mi aveva accantonate da tempo e consegnate personalmente pochi mesi fa con l’immancabile dedica al festeggiato.
Alla moglie e ai figli che lo hanno sempre accompagnato e supportato le mie più sincere condoglianze consapevole che sapranno onorare il suo nome e dare ulteriore lustro all’azienda come è giusto che sia.
Ciao Giorgio, ti sian lievi le grave e sempre in alto i calici.