In occasione della presentazione del libro “La Cucina Ritrovara” presso il ristorante Cà Zane Martin a Sambruson di Dolo (Ve), lo chef Paolo Urbani ne ha spiegato la stroia e la ricetta

In occasione della presentazione del libro “La cucina ritrovata”, rilanciate le cialde ripiene di panna montata da abbinare a una tazza di calda cioccolata. È un dolce talmente identitario da aver trasmesso il suo nome agli stessi abitanti di Dolo, definiti “i storti”, e di cui si era incredibilmente persa la memoria.
Diversi abitanti dolesi potranno lamentarsi di essere stati così definiti, soprattutto in passato, per ragioni che nulla avevano a che vedere con la loro postura.
La ragione di questa attribuzione dipendeva da un dolce che veniva prodotto proprio lungo le sponde del Naviglio Brenta. Si trattava di una cialda croccante, riempita di panna montata e abbinata a una tazza di calda cioccolata. Il nome di queste cialde probabilmente deriva dalla loro forma, ottenuta dalla lavorazione artigiana pressoché manuale, e quindi non con l’uso di stampi.
Eppure, incredibilmente, di questo dolce così identitario a Dolo e dintorni si è persa le memoria.
La “riscoperta” de i storti dal Dolo è stata fatta sabato 28 gennaio a Sambruson, località del comune rivierasco, al ristorante Ca’ Zane Martin, in occasione della presentazione del libro “La cucina ritrovata”, scritto con più recensioni e dedicato ai piatti dimenticati della nostra tradizione gastronomica che alcuni ristoranti continuano fortunatamente a proporre.
Dopo aver presentato due dei piatti inseriti nel libro, savor di gamberi (trattoria La Ragnatela, Scaltenigo di Mirano) e risotto co le secoe (trattoria Da Paeto), è stata la volta della grande sorpresa: lo chef di Ca’ Zane Martin, Paolo Urbani, ha infatti svelato ai presenti il terzo piatto: i storti, accompagnati da una breve descrizione.
“Le cialde” ha detto lo chef, “sono di origine antichissima, e forse sono state le prime torte di farina del mondo di tremila anni fa. Cotte velocemente tra due piastre di pietra arroventate, poi di ferro. Da quei sistemi primitivi e dalle ricette essenziali di farina e acqua, si è passati nei tempi moderni a cialde assai più elaborate fatte con acqua ,farina e latte nella case dei contadini, e con uova, zucchero grezzo, miele o vino aromatico, nelle case di maggior prestigio.
In realtà il vero storto del Dolo non si produce e consuma più. E’ stato sostituito da prodotti industriali che molto poco hanno a che vedere con la preparazione originale.
I vecchi dicono che sorgeva in passato a Dolo, e precisamente alla ‘Bassa’, una fabbrica di ‘storti’ che forniva il prodotto non solo ai consumatori del paese, ma anche alle vicine città di Padova e Venezia”.
“La cucina ritrovata” è un volume di circa 350 pagine suddivise, per ciascuno degli 80 piatti selezionati in tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, in tre distinte sezioni: descrizione del piatto, breve ricetta e recensione del ristorante dove viene tuttora preparato secondo la maniera tradizionale.
Il libro, scritto con passione da reporter, professionisti e non, e seguendo uno stile tutt’altro che pedante o accademico, alla fine diventa qualcosa di più di un semplice ricettario o guida alla ristorazione. Dipinge, tramite il cibo, uno spaccato di storia e società del nostro amato Paese, che non ha eguali al mondo per la varietà della propria offerta enogastronomica.
Il libro consente inoltre al lettore di disporre di uno strumento diverso dalle guide in circolazione, perché tramite “La Cucina Ritrovata” l’appassionato di cucina potrà predisporre i propri spostamenti al fine di provare non solo piatti sempre più rari e praticamente estinti, ma anche proposte assai diffuse che però non vengono più preparate nella maniera tradizionale, come ad esempio la “vera” cotoletta alla milanese e le “vere” olive all’ascolana.