Sapientemente restaurato e preparato Maurizio Crepaldi e la sua famiglia, con perizia e caparbietà, hanno dato vita al “Bilancione”, un ittiturismo e pescaturismo funzionante da dieci anni circa dove si consumano le prelibatezze del mare Adriatico proveniente dalle zone antistanti Scardovari, Goro e Pila. Tra i suoi piatti più gustosi e celebrati un risotto da urlo a base riso carnaroli del delta del Po Igp, sarde in saor e il bisato.






Su quel ramo del fiume Po conosciuto come Gnocca o Donzella, non mancano certo le cavane per le imbarcazioni e i casoni, più o meno curati e manutenuti, adibiti alle attività di pesca e di caccia. Ad Ariano nel Polesine (Ro), località Bacucco, in uno di questi ricoveri sapientemente restaurato e preparato, Maurizio Crepaldi e la sua famiglia, con perizia e caparbietà, hanno dato vita al “Bilancione”, un ittiturismo e pescaturismo funzionante da dieci anni circa dove si consumano le prelibatezze del mare Adriatico proveniente dalle zone antistanti Scardovari, Goro e Pila spesso pescate direttamente da lui o dai suoi fratelli. Maurizio è un personaggio istrionico, schietto, che ispira simpatia, nato e vissuto da sempre in queste terre, cuoco raffinato e pescatore di lungo corso, cooperatore e presidente di cooperativa di pescatori per anni, guardia caccia. Un visionario che conosce perfettamente la fauna autoctona e i problemi che negli anni sono derivati dalle specie alloctone che vanno conosciute e contenute per salvaguardare il territorio e le attività di pesca: pesce siluro, gambero killer americano, pesce gatto americano, granchio blu e nutrie. Tra i suoi piatti più gustosi e celebrati un risotto da urlo a base riso carnaroli del delta del Po Igp, sarde in saor e il bisato. Attenzione, non anguilla, ma bisato che cresce sguazzando a cavallo delle acque marine e delle acque dolci. E poi le immancabili cozze dop di Scardovari e vongole veraci a volontà. Ne sanno qualcosa Bastianich, Cracco e Vissani, tra gli altri, che conoscono e frequentano Maurizio e il suo Bilancione da tempo. “Faccio il cuoco da 42 anni e il guardia caccia. Nella mia vita – ricorda Maurizio – ho fatto tantissimi lavori da lavapiatti ad aiuto cuoco e poi cuoco in locali e stand fieristici o sagre paesane. A 15 anni, rimasto orfano, da appassionato di cucina ho iniziato a propormi in diversi ristoranti del polesine. Ti chiamavano perché ti conoscevano e a quel tempo le persone e gli imprenditori che sapevano di famiglie che avevano difficoltà cercavano di aiutarli. Figuriamoci noi che eravamo dieci fratelli, cinque maschi e cinque femmine. Facevo l’agricoltore e iniziavo ad affacciarmi sul mondo della cucina. Nel tempo hanno iniziato a chiamarmi sempre di più e a ventun’anni ho iniziato a pescare professionalmente. Pesca tradizionale all’anguilla, sogliola, cannocchia, gamberi, ecc. Le vongole sono uscite dopo, più meno verso il 1985. Mi sono subito iscritto alla cooperativa di Scardovari che all’epoca contava un centinaio di soci mentre adesso siamo in quattrocento”. Tutti i parenti di Maurizio lavoravano all’epoca e molti anche oggi, nel settore della pesca. “Nei fine settimana ho sempre continuato a portare avanti le mie attività in cucina”. Ricorda con un filo di commozione quando da consigliere di zona della cooperativa ha iniziato a consegnare forniture di pesce al Santo Padre, Papa Wojtyla, ogni volta che veniva a soggiornare d’estate a Lorenzago di Cadore (Bl). “Ci riceveva sempre ma in particolare nel 1998 ha espresso il desiderio di mangiare con noi. Essendo io l’unico che sapeva cucinare sono andato con altri colleghi a casa sua un pomeriggio mentre era fuori in passeggiata tra i boschi. Eravamo circondati da guardie e forze dell’ordine di tutti i tipi e controllati a vista. Abbiamo preparato cozze, vongole, storione, sogliole e altro. Verso le otto di sera è rientrato e siamo andati in una baita piccola affiancata ad un castello ed era seduto a tavola intento a seguire il telegiornale. Siamo entrati e non ha voluto inchini o altre formalità. Ci ha chiesto chi fossimo, dettagli della nostra attività e così via. Un carisma potentissimo. Siamo stati mezz’ora con lui e poi mi ha chiesto come va a casa, la famiglia, i figli. Ci ha dato un rosario benedetto, le medaglie del vaticano e delle bottiglie di vino e ci ha congedati”.






All’inizio degli anni duemila è stata votata la normativa per l’avvio di attività di ittiturismo e Maurizio si è subito messo in moto. “Il Bilancione all’epoca era una cavana attrezzata dove periodicamente ci trovavamo a fare qualche festa tra amici, qualche grigliata. Prima di arrivare all’ottenimento di tutti i permessi, grossomodo nel 2010, ci sono voluti anni a causa di una burocrazia complessa e farraginosa”. Nel 2009 Maurizio è diventato presidente della Cooperativa Delta Padano e nel 2011 ha iniziato a piantare le prime palafitte del Bilancione. Nel 2012 l’inaugurazione del primo ittiturismo del Delta del Po che è sempre rimasto tale e quale pur potendo essere ampliato. Al ristorante oltre a Maurizio hanno trovato impiego in la moglie, il fratello socio e la figlia Michela che ha completato gli studi di scuola alberghiera e già lavorava come cameriera in un ristorante. “All’inizio – evidenzia Maurizio – tenevo aperto anche di sera poi col covid abbiamo ridotto i posti ed eliminato la cena. Confidiamo di riprendere quando la situazione si sarà normalizzata. Per quanto riguarda il bilancione vero e proprio, pesco regolarmente quando c’è alta marea, soprattutto per coinvolgere gli ospiti che poi possono scegliere se consumare il pescato che gli cucino al momento o portarselo a casa. In ogni caso tutto quanto viene raccolto col bilancione viene quasi totalmente portato a casa dai clienti. Il resto del pesce lo acquisto al mercato ittico di Chioggia (Ve) ma soprattutto lo peschiamo noi: moeche, bisato, sogliola, ecc. Quando non peschiamo, in particolare nel periodo dicembre – febbraio, andiamo di più in pescheria. L’unica cosa che acquisto sempre è il gambero, come scritto sul menu. La mazzancolla da noi è un problema: ce ne sono poche e costano molto con dei prezzi che oscillano moltissimo”. I Crepaldi allevano anche le moeche, granchio in fase di muta che viene raccolto e consumato una volta perso il carapace. “Essendo che lavoriamo in prossimità del grande fiume da noi l’acqua si scalda prima per cui le stagioni sia primaverile che autunnale iniziano e finiscono un mese prima di quanto accade, ad esempio, nella laguna nord di Venezia”. Da un po’ di tempo a questa parte i pescatori di Scardovari e non solo hanno un nemico in più: il cosiddetto “granchio blu” che mangia tutti gli altri granchi, le cozze, ecc. “Il problema – puntualizza Maurizio – è sempre lo stesso: dove mettiamo le mani noi umani con la presunzione di governare i cicli della natura facciamo danni. Abbiamo cominciato con l’introduzione del pesce siluro che distrugge tutto e mangia tutte le altre specie acquatiche soprattutto le anguille piccole. Per eliminare il siluro è stato liberato il gambero killer, quello americano che ha invaso dappertutto. A quel punto abbiamo aggiunto il pesce gatto americano, quello con tutti i pungiglioni pericolosissimi. E poi, da ultimo, il granchio blu. Oggigiorno quando si calano le reti, soprattutto dove c’è un apporto significativo di acqua dolce, ne tiriamo su a quintali. Siamo arrivati al punto che con le reti normali non si riesce più a pescare perché le distruggono. Siluro, gambero killer, pesce gatto americano vengono giù con l’acqua dolce ma poi con la risalita del cuneo salino se ne tornano più a monte. Il granchio blu invece resta anche con l’acqua salata e si riproduce velocemente. Ci sono un sacco di uccelli acquatici con una sola gamba perché attaccati da sotto dal granchio blu”. Secondo Maurizio con gli anni a venire sorgeranno altri ittiturismo. “In generale funzionano molto bene – sottolinea Maurizio – e credo sia una formula da preservare esattamente così com’è. Hai dei limiti per normativa sui posti a sedere, sulla tipologia di materia prima da somministrare, ma come gli agriturismi sono in grado di intercettare una domanda specifica. Ci siamo anche messi insieme come gruppo di pescatori per organizzare uscite didattiche come pescaturismo. Condividiamo il portale deltanatur.com. Prima di poterlo fare abbiamo dovuto garantire pontili a norma per imbarco e sbarco, parcheggio, luci, bagni attrezzati. Il turismo nel Delta è aumentato in maniera spaventosa e ancora non riusciamo ad accontentare tutti. Gli addetti sono tutti preparati con gli attestati necessari, dalla patente nautica ai diplomi di animatore e guida turistica. Accolgono gli ospiti li fanno salire in barca e li portano a fare il giro del Delta. Dal mio attracco, ad esempio, si va a vedere la Sacca di Scardovari passando per i vivai delle cozze, i cosiddetti orti delle vongole e volendo anche l’allevamento di ostrica rosa del Delta. Al ritorno tappa in spiaggia e poi di nuovo in barca per fare il giro delle valli dove vedere i vari tipi di uccelli. Il ritorno avviene dall’altra parte del fiume lungo il così detto Po Morto. Il giro complessivamente dura due ore e mezza. Al ritorno ci si accomoda e si mangia. Diversamente si mangia prima e si va in gita poi. E’ un mondo bellissimo rimasto naturale al novanta per cento e così spero rimanga. Personalmente sto lottando perché il turismo nel Delta del Po non diventi un businness eccessivo, ingombrante, insostenibile per la delicatezza dei luoghi. Ci vuole un numero contingentato e gestito di accessi e non un’orda barbarica ingovernabile”. I piatti che vanno via più di tutti sono: la zuppetta di cozze e vongole col sughetto rosso e la ciabatta polesana, il risotto di pesce a parere dei più imperdibile, gnocchi fatti in casa con rombo e peperoni, polentina con i gamberi e il classico fritto di paranza. “Oppure la grigliata con sogliola e bisato, non anguilla. L’anguilla – rimarca Maurizio – è grigia e bianca e il bisato è di acque miste ed è colorato giallo e verde. Nasce muore e si nutre nelle lagune e magari d’estate risale verso l’acqua dolce che è più fresca. Mangia gamberi e moeche. Io non cucino anguilla. Mentre il bisato, che ha dieci marce in più, lo faccio fritto e soprattutto alla griglia. E poi preparo le sarde in saor, non alla veneziana, con cipolla cotta tre ore perchè deve caramellare. Aggiungo uvetta che serve per togliere acidità alla cipolla ma non pinoli. La sarda non deve essere intera e deve essere aperta. Anche il baccalà in umido è molto richiesto e noi lo facciamo in rosso con la polenta rigorosamente bianca”.