Il libro di Adriano Favaro ha acceso una luce sull’aria pesante che si respirava allora in Veneto e nel veneziano. “Quando potremo dire tutta la verità, non la ricorderemo più” – Leo Longanesi
Quello che mi è rimasto della cronaca è la curiosità bulimica per tutto quanto riguarda le notizie da cercare, annusare, conoscere, raccontare. E’ lo spirito con cui mi sono approcciato a “Cronache di Piombo, il terrorismo nel Nordest raccontato dai testimoni di oggi – Edizioni Nuovadimensione” di Adriano Favaro, già caporedattore del Gazzettino, che ho letteralmente divorato. Un racconto forte di quegli anni terribili che al di la della cronaca e degli aspetti giudiziari ha acceso una luce sul clima, sull’aria pesante che si respirava allora in Veneto e nel veneziano. Resto convinto che di quegli anni e di quegli accadimenti non si sia mai parlato e scritto abbastanza. E che le conseguenze di quello che è successo allora e che abbiamo vissuto come Paese le stiamo vivendo ancora oggi, fondamentalmente perché non si è mai voluto fare veramente i conti con quel passato. Lo dicono in tanti, molti più autorevoli di me. La troppa riluttanza a parlare, a raccontare, dei protagonisti dell’epoca rischia di lasciare un vuoto che una semplice cronistoria costruita sugli atti d’archivio non può colmare. Si rischia il solito “chi sa non parla e chi non sa straparla”. Spero vivamente che il contributo di Adriano, con quello di altri che al riguardo hanno già testimoniato e documentato, aiuti ad aprire una finestra nuova su quegli anni e sul nostro Veneto. E che questo possa essere rivelato ai giovani e alle scuole in maniera sistematica, comprensibile, esaustiva, chiarendo bene quali erano i buoni e i cattivi, i criminali e gli onesti, gli entusiasti e i fanatici. Se non dovesse essere fatto con intensità e costanza per accompagnare i più giovani a conoscere quello che è stato, anche questa, come altre storie, rischierà di essere destinata a ripetersi, certamente come farsa, probabilmente come tragedia. L’emulazione degli esempi negativi nasce sempre dall’ignoranza. E l’ignoranza è spesso frutto dall’apatia, dell’indolenza di chi non vuole assumersi la responsabilità di insegnare, raccontare, vivificare la memoria per quello che veramente è stato. Grazie Adriano!
Quando potremo dire tutta la verità, non la ricorderemo più – Leo Longanesi