Lega di lotta o di governo? Aspettando Godo (t)
Ma veramente qualcuno crede che esista una Lega bifronte? Una Lega di lotta e una di governo? Una lega nazionalista e sovranista e una regionalista? Per semplificare, la Lega di Salvini e quella di Giorgetti? Non è così per alcuni semplici motivi:
1) Saranno i trascorsi giovanili tra le fila dei comunisti padani ma il culto del centralismo democratico è ben radicato nel Matteone nazionale. Si ascoltano tutti ma uno decide e quella è la linea, piaccia o meno. L’idea del capo, dell’uomo solo al comando, del condottiero, è profondamente leghista dai tempi di Bossi ed è proseguita con Salvini. Suo il merito di raccogliere la lega al 3% di consenso elettorale e traghettarla fino al 30% di un anno fa se è un merito, e vale per tutti i partiti e movimenti, dire e fare tutto e il contrario di tutto per adulare e lusingare l’elettorato per ottenerne il voto; se è un merito ridurre il confronto e la dialettica politica ad un logaritmo in grado di leggere, tradurre e interpretare gli umori e le paure degli italiani espresse sui social e di guidare, di conseguenza, la comunicazione politica, la propaganda, le esternazioni del leader maximo.
2) Come tutti i capitani anche il Matteo è infuso del dono dell’immortalità. Non esiste, non può esistere la possibilità che qualcuno ambisca al suo trono, figuriamoci se è contemplata una successione. “Dopo di me il nulla” è la storia che da trent’anni o poco più orienta le organizzazioni politiche erette sul personalismo, sul superomismo, sul soffocamento di qualsiasi processo democratico di confronto congressuale e di voce fuori dal coro. Lo abbiamo visto con la mattanza sistematica e scientifica degli ex dc nella prima Forza Italia fino al siluramento di tutti i dirigenti che hanno osato interloquire col capo. Magari in odor di delfinaggio come Alfano e altri prima di lui. E lo abbiamo visto con la Lega di Bossi che ha fatto fuori tutti, da Rocchetta a Tosi, con particolare accanimento verso i veneti. Un metodo che continua con Salvini.
Premesso questo, le conseguenze sono chiare: nessuno, ma proprio nessuno, Giorgetti compreso, potrà mai mettere in discussione il capo e la sua linea, figuriamoci ambire ad una rivoluzione copernicana in grado di traghettare la Lega, questa Lega, tra le fila del Partito Popolare Europeo. Ma questo Giorgetti lo sa ed è per questo che il confronto tra i due serve solo ad alimentare una rivalità di facciata, ostentata per non perdere consenso a destra, verso fratelli d’italia tra l’altro all’opposizione del Governo Draghi, ne al centro. Se questo è vero, io lo penso, non potrà durare a lungo. E per questo i nodi sulla collocazione europea, sulla linea governista o meno, più o meno moderata, sulla strategia delle alleanze in Italia, sul federalismo come obiettivo, al quale non crede, oramai, più nessuno, verranno presto al pettine. E non ci saranno “bestie” o teatrini sufficienti a camuffare una Lega che dovrà chiarire definitivamente il suo essere di lotta o di governo. Aspettando, Godo(t).