Potrà mai esserci una via di mezzo sensata tra una formazione scolastica a maglie (troppo?) larghe ed una troppo canalizzata e orientata alla singola professione? Gli ITS una delle risposte? Certamente la divulgazione di qualche dato in più aiuterebbe a capire.
Hai voglia a parlare di orientamento scolastico e lavorativo coerente ed efficace. Bisognerebbe, innanzitutto, che gli addetti ai lavori si concentrassero sugli obiettivi dei percorsi di istruzione e formazione, considerato lo status di ogni singolo studente, le sue vocazioni, i suoi talenti, i suoi limiti e le sue difficoltà in rapporto a un futuro inserimento nel mercato del lavoro. Gli esperti designati a guidare la partita non mancano, insegnanti innanzitutto e parliamo, per lo più, di personale sempre più preparato e sensibile a questi aspetti.
Premesso che l’idea, utopica secondo me, di consultare e profilare ragazzi con l’accetta è quanto di più sbagliato si possa fare soprattutto nell’età di passaggio dalla terza media alla prima superiore (si vanno a formare studenti e lavoratori, ma soprattutto futuri uomini e donne), è altrettanto vero che non tutti vivranno facendo gli influencer o come direbbe Grisù il pompiere. Quindi, che si debba considerare un’offerta formativa adeguata e funzionale al mercato del lavoro a venire costruendo figure appetibili e occupabili soprattutto nei settori dove si fatica a trovare personale, lo trovo comprensibile. Ma potrà mai esserci una via di mezzo sensata tra una formazione scolastica a maglie (troppo?) larghe ed una troppo canalizzata e orientata alla singola professione? Che se un domani il ragazzo si stufa o cambia idea che succede? Lo so, è la scommessa di tutti i decisori e governanti da sempre. Tuttavia, in questo preciso momento storico mi sembra che anche questo aspetto, fondamentale per il futuro e il progresso sociale ed economico del Paese, si stia affrontando con pregiudizio ideologico ammantato di pragmatismo: queste le occupazioni del prossimo futuro su questo ci si deve specializzare ora e subito che altrimenti si perdono tempo e opportunità. Mancano professionalità, è vero, in tanti settori che si trovano sguarniti di lavoratori specializzati e tecnici preparati e immediatamente impiegabili. E questo è il risultato di una programmazione generale sbagliata della nostra classe dirigente che ci insegue da almeno trent’anni. Come rispondiamo? Con l’efficientismo di breve periodo. Sguardo breve e respiro corto quando una delle risposte dovrebbe essere una formazione continua adeguata della forza lavoro occupata.
Se guardiamo ai percorsi formativi e professionali post diploma di maturità, la situazione è altrettanto se non più complessa. Non c’è solo un disallineamento diffuso tra i nostri diplomati, la loro preparazione media e le offerte del mercato del lavoro ma soprattutto una generale difficoltà a gestire questa terra di mezzo tra il diploma e il lavoro. Non parliamo dei pochi che con le idee chiare e una preparazione già piuttosto solida imboccheranno percorsi universitari professionalizzanti come medicina, giurisprudenza, ingegneria o simili. Parliamo di quanti si trovano inadeguati a proporsi nel mercato del lavoro col solo diploma raggiunto e non sanno se iscriversi all’università o agli ITS (Istituti Tecnici Superiori) per dare un senso al percorso scolastico ultimato.
Ecco, parliamo degli ITS. L’idea sulla carta sembra ottima: due anni di alta formazione riconosciuta In Unione Europea con attestato di Tecnico Specializzato. Il concorso funzionale del mondo delle imprese e dell’alta formazione per permettere agli studenti di conseguire un titolo ed una preparazione immediatamente spendibile sul mercato del lavoro, spesso direttamente nelle aziende che hanno concorso alla creazione di questo specifico percorso di studi e apprendistato. Di ITS ne stanno nascendo come funghi su diversi settori. La cosa bella è che il percorso di studi ITS permette di conseguire crediti spendibili in un eventuale, futuro percorso universitario ma soprattutto si può frequentare in Erasmus, cioè potendo studiare e lavorare all’estero dando gli esami che il percorso intrapreso prevede, come fosse una qualsiasi università. L’obiettivo è e resta comunque un ingresso trionfale, da tecnico superspecializzato nel mercato del lavoro, con un tasso di occupazione che viaggia tra l’80 e il 90%. Altissimo sembrerebbe. E proprio per questo la stragrande maggioranza delle organizzazioni datoriali, delle categorie professionali ma soprattutto di politici ed amministratori stanno facendo una grandissima promozione agli ITS. Tuttavia, quello che non si legge ancora nei report ITS e che secondo me aiuterebbe a prendere ancora di più e meglio una scelta consapevole è sapere quali contratti vengono stipulati dalle aziende a fine percorso, dopo quanto tempo, con quali qualifiche e quindi con quali prospettive di carriera e soprattutto se tutti e da subito a tempo indeterminato.