Il Popolare ospita un intervento di Giorgio Carollo, vicentino, democristiano di lungo corso, già Sindaco, Assessore Regionale, Europarlamentare eletto con FI e iscritto al Ppe. Fondatore nel 2006, uscito da FI, di “Veneto per il Ppe”, un tentativo, non andato a buon fine, per coniugare popolarismo europeo e regionale sulla scorta della CSU bavarese.

Credo che ormai sia diventato un morbo diffuso quello di veder proporre almeno una volta al mese, dal politologo di turno, la necessità di creare in Italia un partito, un movimento di “Centro”.
Sì, è vero, il Centro è un luogo mitico: in geografia essere al centro della pianura o del lago ci colloca in una posizione utile per guardare a destra e a sinistra. E’ un punto di osservazione importante. Inoltre per noi occidentali il centro indica aspetti positivi, vittoriosi, utili. E’ comune pensare che approcciare alle problematiche da una posizione di centro garantisca pragmatismo, moderazione e assenza di conflittualità.
In Italia dal 1946 la politica dei cattolici e del Centro Autonomo è stata sinonimo di Cristianesimo Democratico. La DC infatti, partito principale fino al 1994, si è contraddistinta per il rifiuto di qualsiasi alleanza sia con il Partito Comunista che con i Nazionalisti. Poi dal ’94 al 2008 abbiamo assistito alla nascita e rapida estinzione di una miriade di iniziative caratterizzate da una nomenclatura che si richiamava al Centro: CCD, CDU, Democrazia EU-PPI, La Margherita, UDC, Popolari Udeur, Democrazia Cristiana per le Autonomie, Partito dei Pensionati, ecc. Molti in seguito confluiti rapidamente nel PdL.
Allora per rispondere alla domanda se il Centro autonomo può avere prospettiva e su un eventuale impegno dei cattolici bisogna partire da alcuni capisaldi, che personalmente al momento non vedo.
Cosa vuol dire oggi collocarsi al Centro, quali impegni comporta, quelli che lo auspicano sono disposti ad accettare coerentemente le regole che tale scelta impone? Penso che un partito di Centro con la auspicata presenza dei cattolici debba rappresentare per i cittadini un chiaro riferimento valoriale, laico e di ispirazione cristiana e che intenda portare nelle leggi del mercato del lavoro e della famiglia i valori della dottrina sociale della chiesa. Non è impresa facile.
Anzi, dal 1994 in Italia c’è stata un’azione violenta contro questa possibilità. Si è tentato con ostinazione e ancora oggi si prosegue in tutti i modi, di cambiare la tradizione politica italiana. Le elezioni politiche e le leggi elettorali sono state predisposte ed organizzate all’insegna, ben chiara e determinante, di creare in Italia due sole coalizioni prima e due partiti poi. Si è sempre operato da destra e da sinistra per evaporare il Centro e i suoi valori a partire dalla battaglia contro le preferenze per poi far sparire la democrazia nei partiti. Se non vi è una base democratica interna come possono i partiti trasferire nella vita politica del Paese tale indirizzo? Siamo arrivati al punto che i leaders di attuali movimenti considerino il Parlamento un orpello e la Costituzione “roba vecchia”.
Vedo una grande sfiducia nella politica, partiti e coalizioni costruite dal leader per il leader e la trasformazione della politica in sola tecnica mediatica. E che strumenti hanno i simpatizzanti? Gli iscritti? Figuriamoci i cittadini, anche se sono sempre più numerosi quelli che rivalutano l’operato del Centro ed il tempo nel quale il Centro era l’asse portante della politica in Italia.
Certo siamo in un momento di grandi cambiamenti, di cocenti delusioni da parte degli elettori che fanno fluttuare i risultati elettorali di alcuni partiti dal 40% alla metà in una sola competizione. Questo dimostra che in Italia l’elettorato ricerca una classe dirigente di qualità, esige rinnovamento, coerenza e rispetto degli impegni presi in campagna elettorale.
Ecco alcuni motivi che alimentano le richieste di riscatto della politica di Centro, della sua qualità, del suo legame con i cittadini ma anche che evidenziano le tante difficoltà a raccogliere la sfida.
Giorgio Carollo