Il Senatore Andrea Causin, salito alla ribaltà delle cronache per il sostegno al Governo Conte ci concede un’intervista esclusiva. Democristiano, Popolare Europeo, proporzionalista in attesa d’autore e di Conte.

Salito inaspettatamente alla ribalta delle cronache, pochi giorni fa sul senatore di Martellago (Ve) Andrea Causin si sono accese le luci della Repubblica. Col voto favorevole, di fiducia all’attuale Governo Conte in disaccordo da Forza Italia, partito di elezione e di appartenenza (ex), si è aperta una riflessione politica aspra e complessa da dipanare come poche. Centocinquantasei voti a favore sommano una maggioranza relativa sufficiente sulla carta ma debole per dare continuità ad un’azione amministrativa che mai come in questo periodo si vorrebbe determinata, autorevole, con le idee chiare. Con questo obiettivo e con questa esigenza sollecitata fortemente dal Presidente Mattarella, non si vede come sia possibile irrobustire nei numeri e nella sostanza, più al Senato che alla Camera, l’attuale compagine di governo. E l’ombra delle elezioni si intravvede sempre più cupa e ineludibile all’orizzonte.
Intanto grazie Senatore per averci concesso un’intervista. Immagino sia stato piuttosto impegnato e sollecitato in queste settimane.
Prego! Si, sono state settimane faticose. Pensieri e riflessioni che hanno coinvolto me, la mia famiglia e le tante persone con cui ho condiviso in questi anni l’impegno politico. Caratterialmente sono un generoso, uno che ama il lavoro di squadra anche se poi, al momento della verità si è spesso più o meno soli e gravati da carichi di responsabilità che pesano sempre e comunque. Figuriamoci adesso con la pandemia e la situazione economica e sociale che stiamo vivendo. Non me l’ha ordinato il medico e assecondando questa passione che coltivo da sempre cerco di fare mio l’insegnamento di De Gasperi e di guardare alle prossime generazioni, per quanto anche le prossime elezioni in questo senso saranno importanti. E ho votato di conseguenza.
Partiamo dalla fine. Cosa l’ha spinto a votare Si e a dissociarsi dalle indicazioni di Forza Italia?
La convinzione che non ci possiamo permettere un salto nel buio, tanto più in questo periodo. Che la Repubblica debba dare prova di unità e coesione come poche volte dalla fondazione. E che andare a votare adesso e con l’attuale legge elettorale significherebbe consegnare l’Italia ad una maggioranza per lo più sovranista, populista, antieuropea che purtroppo è gran parte di un centrodestra dove il centro si è ridotto al lumicino. Per carità, in democrazia il popolo è sovrano e si rispetta l’esito del voto sempre e comunque e chi ha i numeri e quindi la rappresentatività della maggioranza del Paese è giusto che governi. Forse però in questo momento c’era bisogno di un terzo tempo, di raffreddare gli animi, di guardare all’essenziale.
E’ stato accusato dai colleghi di partito di essere un traditore. Cosa si sente di rispondere?
Che i parlamentari non vengono eletti con mandato imperativo e agiscono avendo a riferimento l’interesse generale della Nazione. E’ vero però che ho scelto di uscire dal movimento e capisco chi mi accusa. Bisognerebbe chiedersi però cosa sia diventata Forza Italia. Ci sono tantissime persone per bene in Forza Italia che stimo per storia personale e preparazione. Ma cosa è diventata Forza Italia? Quando ho accettato la candidatura lusingato dal presidente Berlusconi che aveva in animo di irrobustire la componente Popolare Europea in Italia mi sono sentito di mettermi a disposizione. Purtroppo però l’ennesimo tentativo di costruire un partito vero con dei congressi, una rappresentanza territoriale, un’appartenenza salda al popolarismo europeo e una visione chiara e di lungo periodo di chi siamo e cosa vogliamo esprimere, è venuta meno da tempo. La poca voglia di difendere i nostri principi, di distinguerci da una destra sovranista e populista, ci ha fatto precipitare nella coalizione al ruolo di inutile comparsa. Serviamo perché serve il centro come la cipria. Ma senza incidere e senza, servisse, distinguerci. Ci siamo consegnati mani e piedi a Salvini, non alla Lega che in Veneto esprime tassi di moderazione e di capacità amministrativa che il bravo presidente Zaia esprime benissimo. E quindi di quale prospettiva stiamo parlando? Di quale partito ridotto al 5% quando va bene? Mi spiace per coloro i quali ho deluso ma volendo contribuire alla costruzione di un soggetto Popolare ed Europeo in Italia e pensando di fare l’interesse del Paese ho ritenuto di sostenere l’attuale Governo senza che nessuno mi abbia forzato o promesso chissà cosa.
Nel passaggio al Senato Conte ha parlato di un soggetto politico che i più hanno semplificato come il “suo” partito nascituro. Ha detto di avere intenzione di proporre il cambio di legge elettorale in senso proporzionale e con sbarramento. Cosa pensa al riguardo?
Che non si deve finire per svilire la legge elettorale piegandola a mezzo messo in campo ai tempi supplementari e da un’accozzaglia di azzeccagarbugli per favorire una parte e penalizzare l’altra. Però è una mia convinzione da sempre: la legge elettorale con preferenza e sbarramento potrebbe restituire rappresentanza territoriale, Partiti con la P maiuscola costruiti su idee e ideologie dal respiro lungo e dalla visione acuta e soprattutto garantire al Paese un nuovo e necessario tasso di pragmatismo e moderazione nelle istituzioni, nei programmi elettorali, nell’esercizio dell’azione di governo. Tanti ci hanno provato dal 1994 almeno, ma nessuno c’è riuscito. Chiediamoci perché.
Perché?
Perché il proporzionale puro e senza aggiustamenti svilenti con sbarramento e preferenza potrebbe veramente tenere insieme le tante anime che dalla diaspora dei partiti storici girano da apolidi le scene della politica. Figure con una storia nella migliore tradizione democristiana come il sottoscritto o socialista o liberale. Federalisti ed europeisti. C’è paura che le persone si riapproprino della voglia di fare politica e questo succederebbe con una legge elettorale chiara, proporzionale con preferenza. Si ricreerebbe la filiera della rappresentanza sul territorio. E dal territorio le istanze arriverebbero meditate e funzionali nelle istituzioni. Pensate a chi veramente negli anni ha decimato ogni velleità veramente proporzionale. E a quanti al centro sono diventati, anche in Veneto, centristi da abbattere.
Proprio da sempre democristiano?
Da sempre. Credo che il cattolicesimo sociale sia una tradizione nobile, utile al Paese da riscoprire. E spero che la Chiesa insista a difendere le istanze di partecipazione attiva, dei più giovani in particolare, alla vita politica. Ho militato nella Margherita, in Scelta Civica e Forza Italia. E oltre a queste ci sono decine di sigle e siglette che spingono al centro. Si mettessero finalmente d’accordo per spingere dal centro verso gli estremi. Sarebbe ora e non è detto che non lo sia. Certo in passato proprio in qualche piccolo centrino ha prevalso una visione spiccia e a volte di piccolo cabotaggio. Spero si sia imparato. Io ci sono.
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