“Mentre si sa che per fare un bravo professionista, un bravo dirigente, un bravo imprenditore ci vogliono anni, per fare un buon politico non si può pensare che bastino otto giorni e poi magari meravigliarsi per la mancanza di competenza e umiltà“. Con questo intervento ospitiamo l’on. Luciano Falcier, già assessore agli Enti locali e consigliere regionale in Veneto e deputato della Democrazia Cristiana dal 1983 al 1987. E’ stato eletto senatore della Repubblica nel collegio di Portogruaro per la XIV legislatura dal 2001 al 2006.

“Un consiglio ai parlamentari, agli opinionisti politici, agli esperti di sistemi elettorali: leggetevi cosa afferma la Costituzione Italiana in materia di elezioni onde evitare qualche perdita di tempo, qualche sorpresa e qualche legge inutile e potenzialmente dannosa .
Il “Porcellum” e l” Italicum” non sarebbero mai nati. Sarebbe stato facile, infatti, prevedere le decisioni della Corte Costituzionale che ha ricordato che la nostra Costituzione afferma (art.48) che il voto è “personale, uguale, libero e segreto” e (art.56) che “la Camera dei Deputati è eletta a suffragio universale e diretto”. Ci voleva ancora la Corte per spiegarci che il voto è “uguale” con il sistema proporzionale ed è “diretto” con le preferenze. La Consulta dichiara, anche, che l’opportuno bilanciamento “dei principi costituzionali della rappresentatività e dell’uguaglianza del voto con gli obiettivi della stabilità del governo” sussiste anche quando si preveda un premio di maggioranza a chi raggiunga almeno il 40 % dei voti, riconoscendo, in tal caso, che il principio della rappresentatività non viene distratto né sacrificato dall’obiettivo della stabilità. Lo stesso riconoscimento vi è, anche, quando viene accettata la soglia minima di sbarramento del 3% per poter partecipare all’assegnazione dei seggi. Le esigenze, cioè, della “governabilità” e della “stabilità”, possono essere tenute in considerazione, ma mai in sostituzione o in alternativa ai principi fondamentali dell’uguaglianza e della rappresentatività. Anche con altri criteri, diversi dalle preferenze, però, si può rispettare il principio del voto “diretto”, ma mai, per dare il potere a qualche minoranza, privilegiando solo l’esigenza della presunta “stabilità”. Come sorprendersi, perciò, per il ritorno del rispetto del voto degli elettori e la formazione probabilmente necessaria di governi di coalizione?
Ma dimentichiamo per un momento la Costituzione ( lo è stata per tanto tempo) ed entriamo nel merito del problema. Stabilità è, forse, quando la stessa persona può stare per tanto tempo allo stesso posto di comando e quando viene sostituita si teme una tragedia, una crisi istituzionale? Stabilità non è invece quando si può sostituire la persona al comando senza alcun rischio, senza alcun pericolo di crisi politica o economica? L’esigenza di un Governo “forte”, in grado di prendere decisioni tempestive o impopolari, è possibile, ma grazie a persone capaci, coraggiose ed autorevoli e con accordi per governare e non solo per vincere. E’ auspicabile, quindi, il ritorno della politica (non la sua sconfitta, talvolta meritata, o la sua eliminazione a vantaggio di qualche lobby) che con le proprie associazioni (i partiti) impedisca i cambi di “casacca” (nei partiti si militava e si restava sia quando si vinceva e soprattutto quando si perdeva, perché vi era il collante della condivisione di idee e di programmi ), mentre nell’era del leader solo al comando si aderisce al capo perché è forte e lo si abbandona quando non lo è più. E’ l’assenza della politica (quella attuale non è politica!) e dei partiti veri che ha portato al degrado istituzionale e morale e non viceversa. Ma mentre si sa che per fare un bravo professionista, un bravo dirigente, un bravo imprenditore ci vogliono anni, per fare un buon politico non si può pensare che bastino otto giorni e poi magari meravigliarsi per la mancanza di competenza e umiltà.
Cinquanta presidenti del consiglio in cinquant’anni non hanno impedito (vigente il sistema proporzionale) grandi risultati in politica estera, in sviluppo economico e sociale, in solidità istituzionale e democratica, perché esistevano grandi e veri partiti, con grande solidarietà e lungimiranza politica. Erano e sarebbero possibili cambi di cavallo “in corsa” ( ora il cambio del capo al comando spesso comporta le elezioni anticipate, creando reale instabilità per lunghi periodi). In pochi anni di sistema maggioritario “all’italiana”, con la pretesa di avere un governo forte e stabile già la sera delle elezioni, hanno incrementato lo scontro, l’intolleranza, il rifiuto delle idee degli altri, le difficoltà a risolvere i problemi reali. Basta con lo slogan “più politica e meno politici” o più nominati e meno eletti, che significa più poteri a pochi “superdotati”, meno controlli dal basso (gli unici che funzionano) e più commissari. Basta solo grandi banche, grandi ospedali, grandi comuni, grandi aziende pubbliche, grandi centrali di acquisto, perché non è vero che i costi diminuiscano né tanto meno che i servizi migliorino. Dai grandi numeri nascono i campioni, dalla competizione anche dura nascono i veri capi. Se il sistema in essere funzionasse vi potrebbe essere l’utilità (?) di sacrificare quote di libertà alla sicurezza ed allo sviluppo, ma così non è ! Vogliamo allora provare a cambiare ed ascoltare meno le lusinghe e le sirene di qualche lobby? Si sa che cambiare non vuol dire sempre migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare e la storia su questo potrebbe insegnare qualcosa”.
Luciano Falcier