La riforma sanitaria, entrata in vigore con la nascita delle ULSS l’ uno luglio 1980, è ancora alla base dell’organizzazione sanitaria in Italia. E’ o dovrebbe essere? Questo è il problema!
La riforma tra le tante novità ha previsto:

- L’assistenza sanitaria è garantita a tutti i cittadini e non più solo ai mutuati, lavoratori dipendenti o autonomi, o agli iscritti nell’elenco dei poveri del comune. A tutti senza alcuna distinzione;
- La creazione, con le ULSS, di un unico ente di governo e di gestione della sanità, con l’abolizione di oltre 15 enti operanti nel settore (INAM, ospedali, casse mutue varie, ecc.), con un unico patrimonio, un unico contratto di lavoro per i dipendenti, unificando sedi, uffici, prestazioni e dando ai comuni il compito di nominare i rappresentanti degli enti di gestione;
- L’unificazione delle competenze “sanitarie” (proprie dello Stato e della Regione) con quelle “sociali”(proprie soprattutto dei comuni) nello stesso ente (l’ULSS – unità locali socio sanitarie);
- Il potenziamento degli interventi di prevenzione e di riabilitazione, lasciando alla cura (leggasi ospedale) le prestazioni con necessità di ricovero, urgenti, di grande specializzazione, di pronto soccorso. Conseguenza di quest’opera sarebbe diventato naturale diminuire il numero degli ospedali e dei posti letto, con la trasformazione di tutti gli operatori da dipendenti dell’ospedale o delle casse mutue in operatori delle ULSS, con possibilità di mobilità, quindi, verso il territorio, i servizi notturni, il pronto soccorso, nei poliambulatori dentro e fuori dell’ospedale;
- Il coinvolgimento dei medici di base, nonché delle farmacie, della medicina privata, nei programmi, nelle scelte di politica sanitaria, ricordando che per tutti i servizi si possono usufruire di medici dipendenti o convenzionati
E dopo? Arrivò il decentramento, il regionalismo, il federalismo e …. I comuni furono esautorati, gli amministratori deresponsabilizzati e le Regioni sostituirono i ministeri nel centralizzare! Il Ministro della Sanità De Lorenzo (si proprio quello, quello che aveva fra i propri principali collaboratori un certo Poggiolini) cancellò i consigli di amministrazione, previde i commissari (a volte ritornano!), i direttori generali; la Regione che doveva solo fissare il piano socio-sanitario, assegnare il budget economico-finanziario, definire le piante organiche e controllare i risultati, cominciò a riservarsi quote crescenti di risorse a gestione centralizzata (togliendole alle ULSS), a fare controlli e autorizzazioni preventive per tanti provvedimenti locali, riducendo autonomia e responsabilità, trasformando i direttori in esecutori (non devono rispondere ai cittadini, né ai comuni, né ai pazienti, ma solo alla Regione che li nomina!) Come è possibile ora valutarli se eseguono solo ordini regionali?
Ma dove si vuole arrivare con questo nuovo centralismo? Ma non si sa che gli unici controlli che funzionano sono quelli dal basso? Ma oltre ai presunti risparmi, spesso necessari e auspicabili se colpiscono sprechi o mala gestione, si pensa, forse, che facendo Aziende Sanitarie di 900.000 abitanti le spese diminuiscano, i servizi migliorino, i controlli siano più efficaci? Ma ”mi faccia un piacere” direbbe Totò. La Politica si riprenda almeno il proprio ruolo, i propri diritti-doveri di scegliere e decidere, ascolti i cittadini e i comuni, rinunci a incomprensibili deleghe di responsabilità.
Luciano Falcier – ex-presidente ULSS