Tra le riflessioni concesse a “Il Popolare” da Ettore Bonalberti, studioso, storico, “dc non pentito” come ama definirsi, la più amara e assodata sta nel titolo di questa intervista. E così l’autore di “Demodissea”, la sua ultima fatica libraria, ripercorre la storia della grande Balena Bianca e della trentennale diaspora dei cattolici in politica.

Perchè si è dissolta la galassia democristiana?
Riassumo così le ragioni che, a mio parere, sono state tra le cause più importanti della fine politica della Democrazia Cristiana. Avevo sintetizzato queste ragioni in alcuni libri scritti negli scorsi anni : “ L’Italia divisa e il centro che verrà”- Edizioni de La Meridiana, “ Dalla fine della DC alla svolta bipolare” – Mazzanti Editori, “ ALEF: Un futuro da liberi e forti”- Mazzanti Editori . Ecco in sintesi le mie idee:
la DC è finita per aver raggiunto il suo scopo sociale: la fine dei totalitarismi di destra e di sinistra contro cui si era battuto il movimento dei cattolici in un secolo di storia;
la DC è finita per il venir meno di molte delle ragioni ideali che ne avevano determinato l’origine, sopraffatta dai particolarismi egoistici di alcuni che, con i loro deteriori comportamenti, hanno coinvolto nel baratro un’intera esperienza politica;
la DC è finita per il combinato disposto mediatico giudiziario che l’ha travolta insieme agli altri partiti democratici e di governo della Prima Repubblica;
la DC è finita quando sciaguratamente scelse la strada del maggioritario, per l’iniziativa improvvida di Mariotto Segni, auspice De Mita in odio a Craxi e Forlani, abbandonando il tradizionale sistema proporzionale che le garantiva il ruolo centrale dello schieramento politico italiano.
E, soprattutto, ed è la cosa più grave e incomprensibile, la DC è finita senza combattere. Con una parte, quella anticomunista, messa alla gogna giudiziaria, e quella di sinistra demitiana succube e imbelle alla mercé dei ricatti della sinistra giustizialista.
E terminavo affermando che: “la DC è finita e nessuno sarà più in grado di rifondarla”, consapevole che la nostalgia, nobile sentimento romantico, ma regressivo sul piano politico, culturale ed esistenziale, può rappresentare un fattore servente, forse necessario, ma, certo, non sufficiente per ricostruire alcunché.
Nessuna colpa tra i suoi protagonisti e le scelte politiche?
Vorrei anche assicurare qualche critico osservatore sempre pronto a formulare giudizi su tutto e su tutti che, accanto alle ragioni suddette, sappiamo bene come alla fine della DC concorsero pure alcune nostre gravi colpe e inadempienze:
- la mancanza di una vera trasmissione della fede e dei valori nel costruire la città dell’uomo ( scarsa applicazione laica della Dottrina sociale della Chiesa);
- la mancanza di sostegno forte alla famiglia specie a quelle con più figli;
- la mancanza di riconoscimento sociale alle casalinghe;
- la mancanza di formazione dei giovani nella fede religiosa, nella passione e fede politica;
- la quiescenza nei confronti della criminalità’ organizzata;
- la tiepida lotta alla corruzione dei politici e dei burocrati, nella quale concorsero, ahimè, anche molti amici del nostro partito;
- la tiepida lotta all’evasione fiscale;
- la scarsa cultura per la responsabilità, per la meritocrazia e le difficoltà nel ricambio del ceto politico;
- l’ eccesso di sprechi per creazione di enti inutili;
- il cumulo esagerato nel cumulo di incarichi pubblichi ;
- la poca attenzione a sostenere programmi per la ricerca e l’innovazione, ma solo finanziamenti a pioggia per progetti talora fasulli e opere mai completate;
- i pochi o nessun investimento su risorse della PA da mandare all’UE;
- lo scarso utilizzo dei fondi europei senza follow up sui finanziamenti ottenuti dai progetti italiani;
- gli enormi investimenti senza controllo nella Cassa del Mezzogiorno;
- l’ eccesso di appiattimento nell’ accettare e condividere le richieste dei comunisti con gravi oneri per le finanze pubbliche.
Abbiamo, insomma, consapevolezza delle nostre colpe, dei nostri errori e dei nostri limiti e, non a caso, dopo quell’esperienza, è arrivata la diaspora e la frantumazione dei democratici cristiani nelle piccole formazioni a diverso titolo ispirate alla Democrazia Cristiana.
Il centro autonomo può essere una prospettiva politica? Cosa ci riserverà il domani?
Dal 1994 sono trascorsi venticinque anni nei quali tutto è cambiato; sono scomparse tutte le culture politiche che furono protagoniste nella prima repubblica, persino quella “magicamente sopravvissuta” dell’ex PCI, trasformatasi nel PDS, Margherita, PD, sino all’attuale pallida rappresentazione zingarettiana, divisa tra la nostalgia della storia marxista e l’unità a sinistra e la fuga centrista liberal moderata renziana e calendiana. Ha ragione Ciriaco De Mita, quando in un recente convegno a Nusco, ha ricordato che l’unica cultura politica che è rimasta intatta nel suo valore è quella del popolarismo sturziano e degasperiano, facendo seguire alla sua analisi la proposta di una ricostruzione dal basso, dai territori e dagli amministratori locali, di un nuovo movimento-partito dell’area popolare.

Analogamente seguiamo, da qualche tempo con l’amico Giorgio Merlo, ciò che sta accadendo nell’area della “Rete Bianca” degli ex popolari impegnati e frustrati dall’esperienza nel PD, i quali con gli amici Casini, Tabacci, D’Ubaldo e altri e con Mara Carfagna, coordinatrice di ciò che resta di Forza Italia, si sono incontrati nei giorni scorsi a Roma. Un incontro importante che si pone l’obiettivo di organizzare un nuovo centro democratico e popolare, ampio e plurale, alternativo alla deriva nazionalista e populista a dominanza salviniana che sta sgovernando il Paese, ridotto al più grave isolamento in ambito europeo, e con una politica estera ondivaga e altalenante tra la Russia di Putin e gli USA di Trump, con simpatie malcelate verso la Cina di Xi Jinping.
Credo che sarebbe ora che la smettessimo con le nostre diatribe di basso conio interne e fossimo più attenti a ciò che sta accadendo in quest’area centrale in movimento, interessata come noi “ DC non pentiti” a costruire una seria e credibile alternativa allo strapotere salviniano, che sta assumendo tutti i caratteri di una politica conflittuale con i valori costituzionali dell’Italia.
Certo servirà incontrarci per approfondire le ragioni dello stare insieme in quella che potrà assumere il modello di una federazione di culture politiche che si rifanno alla Costituzione repubblicana, nella quale noi democratici cristiani potremo e dovremo apportare il meglio della nostra tradizione politica e culturale ispirata ai valori della dottrina sociale cristiana.
Una prospettiva sulla quale dovremo tutti noi convenire, se vogliamo dare un senso agli sforzi sin qui compiuti nel tentativo, ahimè fallito, della pur importante, ma non unica e indispensabile, ricomposizione dell’area democratico cristiana.
Il popolarismo europeo un porto felice?
Fallita l’utopia di una cultura liberista che, nella realtà presente è sfociata nel trionfo del turbo capitalismo finanziario; distrutta l’antitesi utopica e profetica del comunismo, alla fine ridottosi nelle attuali formule dittatoriali cinesi e autoritarie delle oligarchie russe, la risposta più avanzata e credibile ancora una volta ai problemi della globalizzazione viene dalla dottrina sociale cristiana. Come per i nostri padri: Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro, Fanfani, Donat Cattin e Marcora e molti altri, furono la “ Rerum Novarum” di Leone XIII e la “ Quadragesimo Anno” di Pio XI, le stelle polari della loro azione politica, così per la nostra generazione formata dal Concilio Vaticano II, dalle encicliche giovannee ( Mater et Magistra e Pacem in Terris) e di San Paolo VI ( Humanae Vitae e Populorum Progressio), così ancora per noi e per le nuove generazioni dei cattolici, viene ancora dalla dottrina sociale della Chiesa il supporto per inverare nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali in essa indicati.
E’ comune a tanti la volontà di concorrere alla costruzione di un nuovo soggetto politico di centro: laico, democratico, popolare, riformista, europeista, ispirato ai valori della dottrina sociale cristiana, inserita a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori DC e popolari: Adenauer, De Gasperi, Monnet e Schuman, alternativo alla deriva nazionalista e populista e alla sinistra senza identità. Massima disponibilità a collaborare con chi assuma come programma: la difesa e la completa attuazione della carta costituzionale, compresi quanti di area liberale e riformista si riconoscono crocianamente nei valori dell’umanesimo cristiano.
E questo è l’obiettivo che la mia generazione intende consegnare ai giovani dell’area cattolica, che intendano assumere il testimone della migliore tradizione politica e culturale del popolarismo italiano, offrendosi come nuova classe dirigente credibile al Paese per una nuova speranza. E’ evidente che un centro autonomo, nel quale la presenza della componente di ispirazione democratico cristiana e popolare sia decisiva, può nascere solo se sarà adottata una legge elettorale proporzionale, meglio se sul modello tedesco, con preferenze e sfiducia costruttiva ( un governo non può cadere in Parlamento se non in presenza di una maggioranza alternativa). Questa è la precondizione per il superamento di un bipolarismo forzato a dominanza della Lega da un lato e del M5S dall’altro, nel quale non si riconosce quel 50% di elettorato renitente al voto. E’ necessario ridare rappresentanza politica a quel terzo stato produttivo che nella mia “teoria dei quattro stati” in cui, euristicamente, suddivido il sistema Italia ( casta, diversamente tutelati, terzo stato produttivo, quarto non Stato) è la colonna portante del Paese. La capacità di saldatura fra interessi e valori dei ceti medi produttivi e delle classi popolari, che è stato il grande merito storico della DC, dovrebbe costituire l’obiettivo e la funzione di un nuovo centro democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai valori dei padri fondatori ( Adenauer, De Gasperi, Monnet e Schuman) alternativo al populismo e sovranismo della destra del duo Salvini-Melloni e alla sinistra senza più identità
E’ auspicabile una declinazione regionale del popolarismo europeo?
Una possibile versione regionalista, sul modello della CSU bavarese, mi sembra una possibilità reale, se l’evoluzione avviata da Zaia nel Veneto e annunciata da Giorgetti per la Lega, evolverà positivamente. Quanto al ruolo dei cattolici Servirà uscire dall’irrilevanza cui la nostra cultura e presenza politico istituzionale è stata ridotta per le nostre divisioni frutto di quella che è definita la “maledizione di Moro” scritta in alcune lettere dal carcere delle BR e, soprattutto, dalla nostra stupidità, frutto di divisioni suicide non più tollerabili. Ciò che sta avvenendo con la Federazione Popolare dei DC da un lato e con gli amici raccolti attorno al manifesto Zamagni, dall’altro, ritengo siano fattori decisivi per la ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale, per la quale continuo a battermi in questo tempo, ultimo miglio della mia vita.