Si può salvare il mondo da una macelleria? Si, secondo Stefano Moresco titolare dell’omonima bottega a Bassano del Grappa (Vi)
Siamo abituati a vedere macellai attenti alla qualità organolettica e nutrizionale delle carni e, generalmente, anche alla filiera e al benessere animale. Ma l’idea che da una macelleria si possa salvare il mondo dagli effetti nefasti del cambiamento climatico francamente ci mancava. E invece se vai alla macelleria di Stefano Moresco a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, su questo non si scherza. Nel loro piccolo, i ragazzi della Macelleria Moresco hanno imboccato la strada della sostenibilità ambientale, dell’economia circolare e della responsabilità sociale d’impresa. Paroloni importanti quanto attuali da anni, di cui tutti ci riempiamo troppo spesso la bocca, e che spesso restano inattuati, persi nel mondo delle buone intenzioni. Come? Intanto con l’uso in bottega di corrente elettrica da sole energie rinnovabili e utilizzo di carta riciclabile per avvolgere la carne. E poi con un intervento urbanistico concertato col comune, in accordo col comitato di quartiere, che ha visto sistemare l’incrocio ed abbattere alcune barriere architettoniche, piazzando una colonnina per la ricarica delle bici elettriche con corrente offerta dalla macelleria. Non solo. Organizzano serate a tema sulla sostenibilità ed eventi in bottega, legati al festival nazionale della sostenibilità organizzato da ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) per Valorizzare la Cultura della Sostenibilità in Città secondo i 17 Obiettivi della Agenda 2030 dell’ONU.

«Abbiamo sposato questa filosofia per contribuire nel nostro piccolo a sensibilizzare la cittadinanza e la clientela su temi ai quali crediamo molto. Ci è sembrato consequenziale — sottolinea Moresco — all’approccio che abbiamo alle carni e ai cibi in generale». Stefano ha quarantacinque anni e si racconta sottolineando di non essere un figlio d’arte, di non aver rilevato attività da nonni o genitori. «Sono originario di Breganze (VI) e li ho iniziato a vent’anni in una piccola bottega (in Veneto si è soliti chiamarla Casoin). Dopo poco sono passato in un supermercato dove mancava la figura del macellaio. La mia passione per la carne e per la macelleria è partita da qui e si è evoluta nel 2001, quando mi si sono aperte le porte della Macelleria Sperotto, la più conosciuta del paese. Nel 2005 ho avuto l’occasione di rilevare l’attuale bottega a Bassano del Grappa e qui sono rimasto».
Quando Stefano ha iniziato in quel di Bassano ha trovato la classica bottega di quartiere con la consueta proposta di carni, niente di originale o distintivo. «Ho voluto subito dare un mio stile — prosegue Moresco — e così avanti fino al 2012 quando abbiamo restaurato tutto. In quegli anni abbiamo innanzitutto costruito una proposta sul prontocuoci. E poi abbiamo iniziato a proporre preparati realizzati da noi, e solo da noi, nella nostra cucina. Attualmente la squadra è composta da cinque persone: Stefano, Nicola, Elisa, Nic e Miriam. Ma presto saremo in sei con uno chef. In uno spazio contenuto com’è quello nel quale operiamo ci vuole organizzazione e pulizia. E, infatti, la prima cosa che facciamo con i collaboratori neoassunti è formarli sulle nostre procedure standardizzate “Stile Moresco”. Oltre a questo, siamo aperti alla formazione continua aderendo a tutte le proposte interessanti che ci vengono offerte per fare ulteriori salti di qualità».
Dagli esordi, ricorda Moresco, la macelleria è cambiata notevolmente sia sotto l’aspetto burocratico-gestionale che per le nuove e diverse aspettative del cliente. «Negli ultimi quindici anni sono aumentate le formalità e le attenzioni per la tracciabilità, per gli ingredienti e gli allergeni. Inoltre, sono cambiate le aspettative e i desideri del cliente che ha una consapevolezza maggiore e vuole sapere sempre di più e meglio che cosa mangia». Nel 2018 il salto di qualità. A fronte di un giro d’affari in crescita, chiedendosi quali potessero essere le strade da imboccare in futuro, hanno iniziato a seguire meglio le strategie di comunicazione e di marketing. «Siamo partiti con dei questionari sottoposti ai clienti per capire bene cosa volessero da noi. Abbiamo compilato duecento questionari circa, coinvolgendo prima solo i clienti e poi anche i cittadini che abitano qui vicino. Sui risultati abbiamo costruito la nostra politica aziendale e lanciato i nostri obiettivi, inoltre, ne è scaturita la nuova brand identity. I contenuti emersi sono andati ben oltre le richieste sul prodotto, sulla filiera certificata o sul servizio. Ci siamo messi in gioco con tutta la squadra per costruire un modello di impresa che andasse oltre il semplice commercio di carne». Da Moresco la carne bovina assorbe il 70% circa dell’offerta, 20% l’avicolo e il resto lo fanno il maiale soprattutto e una selezione di ovino e cunicolo.
«La cosa importante per noi — evidenzia Moresco — è essere e sentirci parte di una filiera certificata e garantita. Con questo obiettivo abbiamo stretto una proficua partnership con il Consorzio AmicΩmega, un’eccellenza che, in collaborazione con l’Università di Pisa, lavora seguendo uno specifico disciplinare e ci dà garanzia sulla salubrità e l’alto profilo nutrizionale della carne, sul benessere animale, sull’uso consapevole del farmaco, sull’OGM free e sull’integrazione di Omega-3. Le razze che lavoriamo principalmente sono la Blonde d’Aquitaine, e selezioni di Aubrac e Limousine. Non abbiamo le celle per il dry aging, anche se ne stiamo valutando, e non facciamo frollature prolungate. Al massimo arriviamo ai 30 giorni ma lavoriamo capi che non hanno bisogno di spingere troppo in questa direzione. Per quanto riguarda l’avicolo — continua — ci riforniamo dall’Avicola Artigiana del Ferrarese, da un anno circa. Sono certificati per polli allevati con un accrescimento lento e per un uso consapevole del farmaco. Sul maiale stiamo ricercando alcuni partner territoriali che sposino le nostre attenzioni per la sostenibilità». E poi ci sono i pezzi forti sul cotto. «Intanto abbiamo la chicca del sabato, prodotti esclusivi di quel giorno che difficilmente si preparano a casa. Un esempio? La porchetta e insieme tutti i contorni che sono strettamente stagionali. E poi le polpettine che prepariamo in tanti modi e che sono state la nostra, prima sfida. Il tutto accompagnato dalla nostra selezione di verdure stagionali».
Mai pensato di fare ristomacelleria o abbinare alla macelleria un’attività di somministrazione di cibi e bevande? «Dove abbiamo la bottega manca lo spazio. Però su ipotesi ristorative ci hanno coinvolti in un progetto territoriale bassanese nuovo. Vedremo. A noi interessa lavorare per migliorare l’esistente puntando ad un posizionamento ancora più alto verso una clientela ancora più esigente. In primis vogliamo concentrarci nel porre sempre più attenzione alla sostenibilità, al benessere animale e alla responsabilità sociale d’impresa. Su questa base solida e garantita stiamo sviluppando e continueremo a sviluppare nuove idee. Ad esempio, dopo aver realizzato il primo evento mostra nella nostra bottega legato al primo Festival della Sostenibilità con pannelli infopoint dedicati, stiamo progettando la seconda edizione che sarà inaugurata a settembre. È un impegno, ma mi piace pensare che anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa di concreto. Il mondo della carne in generale deve evolversi in questo senso facendo tesoro delle esperienze passate, ma anche contribuendo al cambiamento e al destino di tutti. Anche noi macellai dobbiamo fare squadra e proiettarci al futuro».