Buzet (Pinguente in veneto) è una città dell’Istria croata di seimila abitanti circa. Un centro commerciale e amministrativo importante, salito da anni agli onori delle cronache gastronomiche per le peculiarità organolettiche dei tartufi bianchi e neri che in questi boschi e valli abbondano. Tra le aziende di punta che vantano una tradizione quasi secolare nel settore c’è sicuramente Natura Tartufi d.o.o. che ha in Daniela Puh la guida e il punto di riferimento.


Una ditta che oltre alla raccolta, alla trasformazione e alla vendita dei tartufi, organizza per i turisti e i clienti battute di caccia con i cani e momenti di degustazione guidata. “Pietro & Pietro” non è solo il brand di fresca creazione a significare che dal bisnonno Petro nel 1932 al nonno Petro Cerneka a Daniela appunto, passando per Anita Cerneka, la mamma, e Kvinto Puh il papà, c’è stata una continuità imprenditoriale che col marito Marko confidano di estendere in futuro anche ai due figli. Ma è soprattutto il simbolo di una storia, di una saga familiare che intende raccontarsi sulle ali dell’orgoglio e della tradizione. “Mio bisnonno – sottolinea Daniela – dava questi strani tuberi ai maiali finche conobbe un gruppo di italiani, addetti alla costruzione della ferrovia parenzana, che andavano a caccia nel bosco con i cani, ma senza fucili. Gli italiani notarono come quest’area avesse caratteristiche pedoclimatiche sovrapponibile ad altre italiane conosciute e rinomate per la tartuficoltura. Gli insegnarono la conservazione, la lavorazione e l’utilizzo gastronomico e il nonno ne pagava le consulenze con vino e salsicce. In quel momento divenne per lui e da li per sempre nella nostra famiglia, il lavoro a tempo pieno. Io non ho mai pensato ne voluto occuparmi d’altro”.


La base di tutto restano i cani ed il loro addestramento che dura tre anni, periodo nel quale passano dalla pubertà all’età adulta. Da Natura e Tartufi si utilizzano cani meticci, versati a loro dire per la caccia, se ammaestrati come si deve, non meno di altre razze blasonate come il Lagotto Romagnolo. Meglio le femmine dei maschi che crescendo tendono ad essere più farfalloni e meno affidabili. “Dipende tutto dall’addestramento che iniziamo quando hanno quattro giorni di vita strofinando le nostre mani odorose di tartufo nelle mammelle della madre così da abituarli da subito al gusto del tartufo. Una volta cresciuti iniziamo a nascondere dei pezzi di tartufo per terra e ad incitarli alla ricerca e gratificarli una volta trovati con dei pezzi non commerciabili. E poi, da ultimo, bisogna abituarli a cercare e scavare e a lasciare per terra, non inghiottire il tartufo trovato. Negli anni a venire restano con noi impegnati nella caccia al tartufo e non fossero all’altezza troviamo un’altra collocazione da altre persone interessate”. Quattrocento i cacciatori di tartufi che lavorano per loro su un totale di duemilacinquecento registrati ed autorizzati dalla Regione Istria. Tutti possono raccogliere massimo mezzo chilo di tartufi al giorno. Nei boschi di proprietà dei Puh, quattro ettari circa, ne vengono raccolti grossomodo 35 quintali all’anno tra bianchi e neri, dipende dalla stagione e dall’andamento climatico. “In proporzione 60% sono bianchi e vengono raccolti a fondo valle tendenzialmente vicino ai piccoli corsi d’acqua e 40% neri che si trovano più in alto nella montagna.

Li lavoriamo tutti nella nostra azienda – puntualizza Daniela – vendendone il quaranta per cento freschi ed il restante trasformati. Di quel quaranta per cento molto ne esportiamo sin dal 1992, in particolare negli Stati Uniti, in Canada, negli Emirati Arabi e in alcuni Paesi europei soprattutto in Gran Bretagna e Svezia”. Secondo Daniela i tartufi bianchi istriani e quelli italiani hanno caratteristiche organolettiche sovrapponibili: profumo intenso e sapore deciso. “Non credo ci siano altre aree così vocate e così caratteristiche nel mondo. Il tartufo più grande trovato in famiglia pesava 930 grammi. E il più caro che abbiamo mai raccolto lo abbiamo venduto per ottomila euro. Trattare i tartufi grandi è sempre complesso perché i margini di guadagno tra l’acquisto da un cacciatore alla vendita non sono così significativi. E’ un gran guadagno, ma solo per chi lo trova”. Venti i dipendenti impiegati in azienda e cinquemila all’anno le persone che a vario titolo, pagando, partecipano a battute di caccia al tartufo.

La distribuzione viene fatta soprattutto tramite grossisti specializzati. Solo per determinati ristoratori in Croazia ed Austria si prodigano per una vendita e consegna diretta. “Al momento non siamo interessati ad ampliare i boschi di proprietà ne ad aprire altri negozi nostri monomarca in altre città. Abbiamo dei corner in alcune gastronomie partner e inoltre siamo presenti col tartufo fresco al duty free dell’aereoporto di Zagabria, unico al mondo, credo, con i tartufi freschi. Ma ora come ora siamo focalizzati nella costruzione, dove siamo, di una casa del tartufo più ampia e completa dove disporre di una cucina più grande dove poter fare un’esperienza gastronomica articolata ed emozionante e dove poter insegnare come si lavora e propone il tartufo in dei veri e propri corsi specializzati”.

Per quanto riguarda l’abbinamento col vino dipende certamente dall’utilizzo del tartufo. Dalla preparazione gastronomica e dal ruolo di comparsa o protagonista giocato nella stessa. “Non può essere lo stesso se abbinato al riso o alla pasta o con le uova o la carne. Generalmente – conclude Daniela – devono essere vini di grande intensità e persistenza gusto olfattiva. Bianchi barricati e affinati a lungo e rossi strutturati, morbidi e caldi”. Oltre ai tartufi freschi bianchi (tuber magnatum pico) e neri (tuber aestivum vittadin, tuber brumale vittadin, tuber melanosporum vittadin) che conoscono un rapido processo di congelamento appena colti e lavati per assicurarne la massima qualità, tra le preparazioni si spazia dalle patatine al dessert, cioccolato soprattutto, passando per la tartufata, la crema, il miele, i formaggi, l’olio, gli insaccati e una speciale birra San Servolo al tartufo appositamente preparata per loro.