Una realtà tutta friulana con due zone di produzione e due cantine distinte. Nella zona a sudest delle grave del friuli e nel Collio.
Roberto Pighin, co-titolare col padre Fernando dell’omonima azienda vitivinicola friulana, è un personaggio schietto e gaudente che non le manda a dire, che mette i puntini sulle i soprattutto quando si parla della storia imprenditoriale di famiglia. Entrato in azienda nel 1985 da sempre è impegnato nella promozione e nella commercializzazione del vino. Parliamo di un’azienda nata tra grandi sacrifici negli anni quaranta del secolo scorso. I duecentoventi ettari di superficie agricola di proprietà, di cui 160 vitati (su centonovanta) presso la Tenuta di Risano di Pavia di Udine e 22 vitati (su trenta) presso la Tenuta di Spessa di Capriva in pieno Collio friulano, sono il frutto di una visione lucida e perspicace e il risultato di un investimento fatto dai fratelli Luigi, Ercole e Fernando Pighin. “Sono partiti nel 1947 con un’azienda di trasporti – ricorda Roberto – quando l’Italia era disintegrata con tutto da inventare e ricostruire. Tuttavia, considerato che mio nonno Ernesto gli ha sempre insegnato che la terra agricola se rispettata ti consente di vivere una vita dignitosa, hanno ritenuto di investire sul mondo della vite e del vino rilevando nel 1963 la tenuta di Risano dai conti Agricola. Duecento ettari di coltura estensiva mista, gestiti da venticinque famiglie a mezzadria, con villa veneta al centro utilizzata ancora oggi come foresteria e sala congressi per convegni e cerimonie. “Da subito – sottolinea Roberto – l’azienda è stata reimpostata e da colture miste si è passati agli impianti di vite e frutteto. Poi nel 1966 è stata costruita l’attuale cantina progettata dal famoso architetto Gino Valle. E’ l’unica cantina che progettò: super razionale, ordinata, adeguata a vinificare in maniera logica e pratica, avveniristica. Ancora oggi ci sono studenti universitari di architettura ed ingegneria che vengono a visitarla”. L’idea vincente dei Pighin è stata quella di andare da subito in giro per il mondo a promuovere la vocazione vitivinicola delle terre friulane, e a vendere direttamente il vino. “Figure storiche come i Felluga, Collavini e Mario Schiopetto e poi noi con loro – puntualizza Roberto – hanno capito per primi la portata dei nostri vini friulani, bianchi in particolare e unendo a questo la forza della comunicazione siamo diventati tra le regioni vinicole di riferimento nel mondo”. L’anno successivo, nel 1967, i fratelli Pighin hanno acquistato trenta ettari a Capriva, nel Collio goriziano, con annessa cantina. Una collina all’epoca dissestata e che necessitava di grossi investimenti. “Nei primi anni ottanta i fratelli hanno deciso di investire con lavori di movimento terra e installazione di drenaggi sotterranei. Il risultato è un vero e proprio anfiteatro naturale con un posizionamento unico nel cuore del Collio Goriziano. Colline esposte a sud e quindi soleggiate da mattina a sera e ventilate dalla corrente del golfo adriatico tra Trieste e Venezia con una brezza costante. In seguito, nei primi anni novanta, io e mio padre abbiamo rilevato l’intera proprietà delle aziende agricole”.





Complessivamente, quindi, parliamo di una realtà tutta friulana con due zone di produzione e due cantine distinte. Nella zona a sudest delle grave del friuli parliamo di un terreno a medio impasto di ghiaia e limo e quindi ricco e variegato, dove lavorano con una densità di impianto di oltre quattromila ceppi ad ettaro allevati a guyot. Nel Collio troviamo un terreno asciutto, marnoso di origine oceanica, stratificato e drenante, ricco di carbonato di calcio, dove si coltiva con una densità di seimila ceppi ad ettaro e si ottengono vini che rispetto a quelli di pianura hanno una maggior mineralità, una concentrazione superiore e un tasso alcolometrico importante. In pianura si vinifica e si affina in acciaio utilizzando lieviti selezionati e si ottengono vini minerali, freschi e non troppo alcolici. “L’aspetto più importante per noi– puntualizza Roberto – resta la bevibilità e l’affidabilità testimoniate dal gallo, il nostro marchio. Noi imbottigliamo quello che coltiviamo, controlliamo la filiera completa in maniera esasperata, dai cloni delle barbatelle selezionate presso i Vivai Rauscedo alla bottiglia finita. E anche in annate complesse siamo affidabili perché riusciamo a mantenere standard elevati di qualità governando meticolosamente fattori come i tempi di vendemmia, il raffreddamento immediato degli acini, la velocità di vinificazione. Tiriamo fuori dalle uve tutto quanto di meglio riescono ad esprimere sotto il profilo aromatico. Ne è garante il gallo. Gallo nel Collio e Gallo nelle Grave. Nessuna diversità di approccio, le attenzioni che abbiamo sono identiche. Non ci sono due politiche diverse dal Collio alle Grave”.
L’azienda esporta il 70% del prodotto e i mercati di riferimento, oltre all’Italia, sono gli Stati Uniti, il Canada, l’Europa, in particolare UK e Germania e poi Asia, Oceania e pure l’Africa. Non hanno conosciuto troppe difficoltà dalla Brexit, ma ne hanno avute, invece, dalla pandemia considerato che l’horeca è il loro sbocco quasi esclusivo di mercato. Nel 2021 hanno sofferto com’era inevitabile, ma il 2022, ad oggi, ha un andamento superiore anche al 2019. “Il Pinot grigio – sostiene l’enologo Cristian Peres – è il nostro vino di riferimento nelle grave, così come in buona parte delle aziende friulane. Essendo un vitigno a bacca rossa va lavorato rapidamente e a temperature basse per evitare la cessione di colore”. Il responsabile agromomo è Manuel Bracco in azienda da vent’anni, che ha seguito l’evoluzione dei sistemi di allevamento dal casarsa al guyot con un numero maggiore di ceppi ad ettaro riducendo la produzione di uva per ceppo e aumentando la qualità e la concentrazione della stessa. Con lui lavorano una trentina di persone.





I VINI. L’elenco dei vini è importante: Afferenti alla Doc Grave troviamo: Pinto bianco, Pinot grigio, Sauvignon, Chardonnay, Friulano, Merlot, Cabernet Sauvignon, Refosco dal Peduncolo Rosso. Tra i vini della Doc Collio abbiamo Pinot grigio, Sauvignon, Chardonnay, Ribolla gialla, Malvasia, Friulano, Merlot, Cabernet, Picolit. Come Spumanti due Brut: Ribolla gialla e Prosecco. Chiudono i tre Igt: Virdis (uvaggio), Ribolla gialla e il Rosato (Merlot e Refosco dal Peduncolo Rosso).
Parlando dei vini del Collio la Malvasia 2020 vinificata in acciaio a temperatura controllata e stoccata sempre in acciaio, si presenta con un colore giallo paglierino con qualche riflesso verdognolo. I profumi sono floreali e fruttati, agrume in particolare: emergono note balsamiche, di erbe aromatiche. La bocca è fresca e sapida, di grande beva. Secco, intenso e persistente. Considerata la nota aromaticità del vitigno, un vino che non cade, non risulta affatto stucchevole. Un vino che accompagna un aperitivo ma anche antipasti di mare e carni bianche. Il Sauvignon 2020, sempre vinificato in acciaio, ha un imprinting olfattivo inconfondibile: peperone e salvia, una leggera foglia di pomodoro e pesca bianca. E’ un vino equilibrato, più sapido che minerale, secco e lungo in bocca. Ottimo con minestre di verdure, “soufflé” e sformati. Il Pinot grigio 2020, sempre acciaio, ha un colore caratteristico che unisce al giallo paglierino qualche riflesso ambrato. Il naso è intenso, floreale e fruttato con sentori di ananas e banana. E’ un vino fine ed equilibrato, versatile negli abbinamenti, dall’aperitivo agli antipasti di mare fino al pesce alla griglia. Paste al ragù di corte o carni bianche salsate.
Per quanto riguarda i vini delle grave, il Pinot bianco 2020 vinificato e affinato in acciaio si distingue per i profumi caratteristici di fieno e nocciola. Il colore è giallo paglierino e il sapore è pieno, intenso, persistente. Bollito di pesce, zuppe e carni bianche i piatti consigliati. Il Sauvignon 2020 è un vino verticale nei profumi e nei sapori. Al naso colpiscono i sentori di erbe aromatiche, di ortica, di foglia di pomodoro. Equilibrato, persistente e di ottima struttura. Salumi, soufflé e sformati di pesce, piuttosto che uova e asparagi gli abbinamenti ideali.