La settimana scorsa la Famiglia Bortolomiol di Valdobbiadene, titolare dell’omonica Azienda Vitivinicola di Valdobbiadene (Tv) ha voluto celebrare il centenario dalla nascita di Giuliamo, marito e padre e soprattutto fondatore della Cantina e pioniere visionario del fenomeno Prosecco. Protagonista il libro a lui dedicato “Il sogno del Prosecco di Giuliano Bortolomiol” scritto da Ettore Gobbato con prefazione di Attilio Scienza. In degustazione il Banda Rossa, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Brut Millesimato, la Grand Cuvèe del Fondatore, Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore Extra Brut Millesimato, Rive San Pietro di Barbozza, Il Segreto di Giuliano, Toscana Rosso Igt
La riedizione del libro “Il Sogno del Prosecco di Giuliano Bortolomiol” ristampato recentemente da Iniziative Speciali di Giunti Editore per celebrare il centenario dalla nascita del fondatore di una delle aziende storiche del “Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg” è il compimento di un racconto voluto dalla famiglia, scritto da Ettore Gobbato, che rende giustizia non solo alle fatiche di un uomo innamorato della sua terra, delle sue uve e del suo vino, ma anche ad una umanità, una collettività che con visione, sacrificio, senso di appartenenza e vera solidarietà ha costruito sul Prosecco ricchezza, lavoro, benessere diffuso dove c’era fame e povertà. Una stagione che infaticabili pionieri e sognatori hanno vissuto dall’immediato dopo guerra con lo spirito della ricostruzione con la certezza che quelle colline fossero la culla ideale di un’uva generosa come poche da queste parti e di un vino che bisognava accompagnare a nozze vestito di tutto punto.




Grazie a questi uomini studiosi, dediti al lavoro e alla fatica e dotati di volontà di ferro il vino del territorio è diventato un fenomeno mondiale, declinato in vesti diverse, tutte riconosciute, capace di tenere insieme tradizione e innovazione. Giuliano e i suoi amici, i suoi commilitoni, i suoli compagni di studio della Scuola Enologica di Conegliano, i suoi colleghi vignaiuoli, i cofondatori della Confraternita, del Consorzio di Tutela, della Mostra degli Spumanti. Tutti profondissimi conoscitori di ogni piccola parcella di collina, di ogni riva, di ogni filare; tutti convinti della vocazione di quest’uva così generosa da queste parti. E tutti studiosi, sperimentatori e collaboranti senza troppe gelosie convinti che l’obiettivo dovesse essere la qualità assoluta di uno spumante che poteva competere con i tanti giganti dell’epoca. E senza timore reverenziale ed eccessi di deferenza, quasi ossequiosità, nei confronti di nessuno, men che meno dei cugini d’oltralpe e dei loro champagne.
La qualità che Giuliano tra i primi capì doveva nascere in vigna, proseguire in cantina ed esaltarsi in bottiglia. Da questo punto di vista il suo ruolo nella spumantizzazione è stato trainante per tutti immaginando un futuro del Prosecco nel Brut. L’utilizzo della tecnologia e dei macchinari, dall’autoclave per il “suo” Martinotti alle imbottigliatrici isobariche era tutto funzionale alla migliore qualità in bottiglia, immaginata prima ancora che ricercata e sperimentata e poi trovata e riscoperta nel calice. Era una testarda e visionaria resistenza all’omologazione. È stata la costruzione di uno spazio importante nella vitivinicoltura mondiale e anche di una collocazione commerciale adeguata, di una comunicazione funzionale. Di una promozione instancabile portata in giro in bicicletta o col guzzino.
Negli anni sono arrivati la Doc e le Docg, le Rive tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene e il loro riconoscimento a patrimonio Unesco. Le centinaia di milioni di bottiglie di un prodotto di punta tra le eccellenze dell’agroalimentare italiano esportato in tutto il mondo. In questo senso l’omaggio che la moglie Ottavia e le figlie Elvira Maria, Giuliana, Luisa e Maria Elena hanno voluto costruire nel ricordo del padre e della sua generazione di appassionati ed infaticabili sognatori ha esattamente questo sapore: il sapore di un grazie a Giuliano e a quella umanità che ha incarnato il significato di profondo attaccamento al territorio attraverso la sua più grande vocazione e che si è resa docilmente parte di un disegno e di un destino che stava nel clima, nei terreni, nel Prosecco e nel coraggio e nella sapienza di quegli uomini e di quelle donne.