Buranello e pescatore, Paolo ci svela il mondo dei granchi e delle moeche. Un mondo di fatica, costumi, competenze che si tramandano da secoli e che vanno ben oltre la semplice conoscenza del pescato e delle tecniche di cattura.
I “serajanti”, da “serajo” che in dialetto veneto significa recinto, sono pescatori professionisti della laguna nord di Venezia che praticano la pesca tradizionale con reti da posta. Sono metri di reti diverse per forma e grandezza piantate sul fondo in modi specifici e zone determinate. Un mondo di fatica, costumi, competenze che si tramandano da secoli e che vanno ben oltre la semplice conoscenza del pescato e delle tecniche di cattura. E’ un tutt’uno con i cicli delle stagioni, della riproduzione di pesci, molluschi e crostacei, delle maree. E’ un osservatorio privilegiato sui cambiamenti climatici e i loro effetti, sulla tipologia e la quantità di inquinanti e detriti sversati e, quindi, sullo stato di salute della laguna e di Venezia nel suo complesso. Il Serajante è una cultura, un lessico specifico. Di tutto il pescato possibile esiste una specie esclusiva della laguna veneziana la cui raccolta sta a metà tra la pesca e il sistema di allevamento: la moeca. Si chiama moeca lo stadio raggiunto dal granchio appena uscito dal carapace a compimento di una fase di muta. Il granchio in quel momento è molle, tenero per poche ore e infarinato e fritto diventa una prelibatezza unica. Talmente buono ed apprezzato che nel periodo migliore a cavallo tra aprile e giugno si vendono nelle pescherie a peso d’oro, tra i 40 e gli 80 euro al chilogrammo. Alle moeche soprattutto, fonte primaria di guadagno dei serajanti, ma anche al resto del pesce tipico di laguna, Paolo Tagliapietra, pescatore di lungo corso nato e vissuto a Burano come buona parte dei suoi colleghi, ha voluto dedicare un libro scritto pubblicato in totale autonomia: Serajante. Il mondo della moeca raccontato da un pescatore “superstite”. Attualmente i serajanti sono una ventina. Per quanto riguarda le quantità di pescato, varia di anno in anno. Lo scorso anno, ad esempio, in quattro (Paolo, suo padre, cognato e nipote) avevano in opera soltanto otto vieri (cestoni) da granchio mentre quest’anno ventiquattro. Di tutti i granchi pescato solo il 10 – 15% arriva moeca nei banconi delle pescherie.


“Auspico innanzitutto – puntualizza Paolo – che questo libro non sia usato per promuovere un certo modo di far turismo che proprio non condivido. Non sono così ben disposto nei confronti del turismo perché sono nato e cresciuto in una laguna praticamente priva di vacanzieri e diportisti. Questo mi ha permesso di vedere con i miei occhi come l’aumento esponenziale di queste due categorie in laguna abbia danneggiato l’ambiente e quindi anche il mio lavoro. Altro fattore che mi allontana dal turismo è un certo modo di approcciarsi nei confronti dei pescatori. Lo scenario tipo è questo: mentre stiamo svolgendo tranquillamente il nostro lavoro, compare davanti a noi una qualche barca di turisti o diportisti della domenica che, armati di macchina fotografica, senza nemmeno porgere un saluto o chiedere il permesso, ti scattano foto divertiti come se tu fossi un oggetto messo li solo per folklore, o peggio un figurante a loro uso e consumo. Il tutto aggravato dal fatto che spesso tutto ciò avviene nei canali su cui si affacciano le nostre proprietà private, spesso un po’ nascoste nella laguna. Ho trascorso anni con la ferma volontà di tenere ben lontana da me qualsiasi possibile iniziativa turistica. Devo però anche ammettere che questa mia posizione così intransigente nei confronti del turismo, si è ammorbidita dopo che ho accettato di portare a pesca con me alcune persone straniere con le quali ho amici in comune. Queste esperienze oltre ad essere state piacevoli e interessanti sotto il profilo umano sono state importanti per decidere di scrivere il libro che per convincermi che questo approccio è l’unico per il quale continuerei a dare la mia disponibilità ad un certo turismo per tenere viva la nostra cultura, preservare la laguna e aumentare nei pescatori la consapevolezza del proprio lavoro”. L’area in cui pesca Paolo è la parte nord della laguna di Venezia suddivisa in paludi delimitate da barene (dossi argillosi o sabbiosi emersI dalle acque), canali e terraferma comprese le diverse arginature artificiali. Queste paludi hanno tutte un loro nome specifico e presentano una profondità media che varia da un metro a un metro e mezzo in condizioni di alta marea e da zero a venti, trenta centimetri durante la bassa marea. E’ proprio qui nelle paludi che pescano i serajanti utilizzando specifiche aree di pesca dette posti, creati per assegnare ad ogni pescatore una propria area dove calare le reti e stabiliti da un’apposita commissione di serajanti. Vengono assegnati mediante un sorteggio ai richiedenti in possesso dei requisiti e una volta effettuato questo sorteggio è concesso accordarsi e scambiarsi posto, cosa che accade spesso. I sorteggi avvengono un po’ prima dell’inizio delle stagioni di pesca che sono quella primaverile detta quaresima, che va dagli inizi di febbraio a fine luglio e la fraimma, da metà settembre a natale. Quaresima e fraimma rispecchiano i cicli del pesce in laguna il quale è solito fare il tragitto mare / paludi e paludi / mare 2 volte all’anno. “Con le nostre reti – sottolinea Paolo – è possibile prendere quasi tutto il pesce che popola la laguna. Alcune specie con cadenza giornaliera (nel periodo giusto) altre saltuaria. Tra tutte le specie a farla da padrone sono senza alcun dubbio i granchi che per noi rappresentano la cattura più comune e la nostra principale fonte di guadagno, grazie alla produzione delle moeche e la vendita delle masinette (femmine provviste di guscio consumate alla fine dell’estate quando sono piene di uova) . I granchi sono oramai vitali per la nostra professione in quanto, purtroppo, tutto il resto del pescato non farebbe guadagnare abbastanza per vivere”.
I GRANSI (GRANCHI)
Il gransio è il vero signore della laguna. Particolarmente aggressivo, appartiene alla famiglia dei granchi verdi europei. Il colore può cambiare a seconda del fondale e della fase del ciclo di muta e va dal verde chiaro al rosso intenso per il carapace, mentre il ventre può avere diverse tonalità, dal giallo al rosso e a volte nero. Le dimensioni massime del carapace, raggiunte dai maschi, sono di circa 7 cm e li chiamano ciocche. Guardando la coda (il bonigolo) è facile capire quale sia il maschio e quale la femmina. In generale per i serajanti il maschio è gransio e la femmina masinetta. I due sessi hanno differenze nei loro cicli vitali, ad esempio differenti tempistiche di muta ed ovviamente differenti compiti nella fase riproduttiva. Ciò ha portato per i due sessi alla necessità di sviluppare differenti modi di pescarli e mangiarli dando vita a piatti tipici e tecniche di pesca diventati nel corso degli anni parte integrante della storia e della cultura di Venezia. I gransi sono pescati attualmente con il solo scopo di ottenere le moeche. Ciò accade per lo più nei periodi in cui il loro ciclo vitale li porta a compiere le loro due mute di massa annuali. Una avviene circa da metà marzo ai primi di maggio e l’altra da metà ottobre ai primi di dicembre. “Per padroneggiare la tecnica necessaria ad ottenere le moeche ci vogliono molto tempo ed esperienza. Personalmente – afferma Paolo – sono riuscito ad ottenere moeche con tutti e 5 i tipi di granchio che ho lavorato. Man mano che si pescano i granchi si mettono in sacchi di juta pronti per la cernita che viene fatta a cason (la base). La cernita viene fatta usando la gorna che è una tavola di legno rettangolare dotata di sponde su tre lati sulla quale si fanno scorrere i granchi. E’ costume dei serajanti, rispettando la specie, tenere solo i granchi adatti al ciclo produttivo. Quali granchi si selezionano? Noi li dividiamo in tre tipologie: gransi matti, gransi boni e spiantani. I matti sono quelli che nel breve termine non hanno la possibilità di diventare moeca e sono quelli che vengono lasciati andare in acqua. I boni, che non hanno la necessità di mangiare in questa fase e possono stare due mesi senza farlo, sono quelli che diventeranno moeca in tempi brevi (generalmente entro tre settimane) e vengono posti in acqua dentro ad apposite gabbie di legno e rete metallica plastificata, dette vieri, dove diventeranno spiantani. Questi sono pronti alla muta che avverrà entro un paio di giorni. Vanno messi in vieri a parte, separati dai gransi boni. I gransi boni secondo la mia tecnica si individuano in base al colore, determinati segni sull’addome e considerato il periodo dell’anno e il luogo di cattura. Ogni errore di valutazione ha un costo per il serajante”. L’unico aspetto per determinare lo spiantano è il colore. “Anche gli spiantani – continua Paolo – vengono divisi in due categorie: fatti e duri. I primi si individuano agevolmente, sono fragili al tatto, hanno una tonalità ben marcata e spesso crepe evidenti sul lato del carapace. Le caratteristiche dello spiantano sono inoltre influenzate dalla temperatura dell’acqua. Uno spiantano che durante la fraimma impiegherebbe tre giorni per la muta, durante la quaresima ne impiegherebbe uno. Questo influenza la mole di lavoro e la frequenza di controllo dei vieri”.

Una volta selezionati i granchi si passa alla seconda fase del processo che avviene ai vieri posizionati con dei pali che impediscono che tocchino il fondale in caso di secca. Si chiama cavariagola ed è il fulcro del lavoro del serajante perché è qui che si svolge la fase più importante del processo che porterà ad ottenere le moeche. “In queste fasi gli errori si pagano. Ad esempio lo spiantano che diventa moeca nel vier dei gransi boni viene mangiato. Allo stesso modo scambiare per spiantani dei gransi boni in stato avanzato e metterli nel vier degli spiantani avrebbe conseguenze ancora maggiori. Procedendo a queste lavorazioni si fa pulizia buttando i granchi morti, i danneggiati e “infalsii” cioè tornati matti”.
L’ultima fase è quella dei Vieri da Spiantani. Questa è la fase più semplice perché basta solo raccogliere le moeche e buttare via i gusci vuoti (mule, scorsi), ma è la fase più complicata per i granchi che devono uscire dal guscio. Unafase che inizia col sollevamento del carapace dopo di che il granchio inizia a sfilarsi sollevando il corpo all’indietro. Nel controllare il vier da spiantani ci sono comunque dei problemi. Il più grande è che le moeche ricalcificano e cioè tornano ad essere granchi normali in dodici ore e quindi per arrestare questo processo bisogna toglierle dal vier per tempo. Ciò comporta che occorrono due controlli al giorno tutti i giorni. “Può succedere che ne trovi ricalcificati o il mastrusso, cioè una moeca avanti con questo processo e quindi più dura dello standard. Un altro problema è dato dalla loro vulnerabilità perché sono molli”.
MASINETTE
“Per noi – sostiene Paolo – la moeca è solo quella ottenuta con il maschio mentre spùttana è il termine per identificare quella ottenuta con la femmina. I motivi dello scarso utilizzo come spùttane sono principalmente due: con la nostra attrezzatura non ne prendiamo nel periodo utile quantità sufficienti ad avere una produzione che valga lo sforzo. Il secondo è che le masinette fanno una sola muta di massa all’anno nel periodo che va da aprile a giugno potendole quindi pescare per un lasso di tempo molto inferiore a quello dei maschi. Inoltre si ha lo svantaggio pratico di non poterle mettere in vieri a loro dedicati perché l’accoppiamento può creare problemi ai gransi boni che subiscono un rallentamento del processo della muta aumentando le possibilità di fallirla. La muta delle femmine avviene sempre un po’ dopo a quella dei maschi. In fraimma le cose vanno diversamente. La cattura (da metà settembre a metà novembre) è facilitata proprio dalla marcia delle masinette dalla laguna al mare, luogo dove depositeranno le uova. Delle masinette si mangiano le parti polpose all’interno del guscio, in particolare la parte più apprezzata che a Venezia si chiama coral sono proprio le ovaie.
GRANCHI: LE RAGIONI DI UN SUCCESSO
Le ragioni del successo di questo tipo di pesca nasce innanzitutto dalla potenzialità dei granchi di riprodursi in grandi quantità. “Da notare inoltre – puntualizza Paolo – è che in laguna non hanno molti nemici e la loro condizione di preda si limita per lo più alle prime fasi di vita, finchè sono di piccole dimensioni, e ai periodi in cui sono allo stadio di moeca. Per i giovani granchi il nemico numero uno sono le orate mentre per le moeche il pericolo maggiore sono le anguille. La seppia invece si rivela essere l’unico nemico in grado di predare anche i granchi adulti. Per il resto i granchi sono praticamente inattaccabili”. Dimostrano inoltre una forte adattabilità a molte possibili avversità, sia ambientali che nutrizionali. Non hanno problemi ad adattarsi a forti sbalzi di salinità e riescono a sopravvivere fuori dall’acqua per diversi giorni, a patto ovviamente di non stare sotto il sole estivo cocente. Resistono bene anche a forti sbalzi termici con particolare capacità, comune a tutti i crostacei, di adattarsi al freddo rallentando i propri bioritmi. Negli ultimi anni hanno dimostrato di sapersi adattare anche ai cambiamenti climatici, modificando in base alle temperature, i consueti parametri delle mute sia nel periodo, che nel numero. Per quanto riguarda il cibo si adattano a mangiare praticamente di tutto, e nel caso di una totale mancanza, possono resistere senza nutrirsi per lunghi periodi (almeno tre mesi posso darli per certi). Da considerare poi: la protezione del maschio verso la femmina durante l’accoppiamento, lo sfasamento temporale tra le mute dei maschi e delle femmine, nonché le mute di massa concentrate in periodi ben precisi che aiuta riducendo il cannibalismo. Infine come ultima caratteristica a loro favore, troviamo la oro capacità di rigenerare le parti danneggiate del loro corpo, mantenendolo così sempre efficiente. “Per chiudere il discorso credo sia giusto sottolineare come le tecniche di pesca dei serajanti si siano rivelate negli anni decisamente valide nel tenere a bada la popolazione dei gransi riuscendo allo stesso tempo a non mettere mai la specie in pericolo a causa di un eccessivo sfruttamento. Questo grazie a basse percentuali di granchi utilizzati al fine di produrre le moeche e al limitato periodo di pesca delle masinette”. Frane un allevamento? “Il discorso sarebbe piuttosto lungo – conclude Paolo – ma sono convinto che il nostro sistema sia quello più efficiente. Creare un allevamento sarebbe possibile ma credo che i cui costi di produzione sarebbero troppo elevati e per questo non vantaggiosi.