Riso col tastasal, bigoli al ragù di corte e faraona sono solo alcuni dei piatti proposti dall’agriturismo Valgrande, azienda agricola multifunzionale, fattoria didattica e sociale, che punta sulla tradizione gastronomica del territorio e riscopre gli animali di bassa corte senza perdere di vista il maiale trasformato in insaccati di produzione propria
Dalla profonda campagna alto-polesana è luogo comune aspettarsi nebbie, afa e zanzare. Pochissimi centri urbani, poca densità abitativa. Ma le campagne sono enormi distese di terre grasse e feconde. E la cultura e la tradizione contadina radicate e caratteristiche così come la cucina. L’agriturismo Valgrande di Alberto Faccioli e Monica Bimbatti a Runzi di Bagnolo di Po è nato sulla scia di un’azienda agricola che il padre e il nonno di Alberto hanno gestito per decenni. Con Alberto e la sua famiglia c’è stata l’evoluzione per aprirsi alla possibilità di pernottamento prima e proposta gastronomica poi. Un relais di campagna multifunzionale che, oltre ad essere fattoria didattica certificata dalla Regione Veneto, è anche fattoria sociale. «Siamo con orgoglio la struttura capofila del progetto “Star bene insieme”, in essere con l’Ulss 5», sottolinea Monica. «Accogliamo ragazzi con disagio familiare che lavorano manualmente nei nostri laboratori e siamo contenti di contribuire al fatto che queste nuove competenze si trasformino per loro in opportunità diverse di inserimento nel mondo del lavoro». Complessivamente l’azienda poggia su venti ettari di superficie utile, la stessa da sempre. «L’attività di frutticoltura — sottolinea Alberto — esisteva prima dell’attività agrituristica; ora in azienda esiste un piccolo frutteto per le produzioni aziendali inerenti l’attività agricola». Oltre agli animali di bassa corte c’è stato anche il periodo dell’allevamento bovino con stalle capienti fino a trenta capi al massimo. «Poi — continua — la crisi generalizzata del comparto carni ha coinvolto anche noi e per questo abbiamo accantonato l’attività».
Il sogno di evolvere in agriturismo come struttura dedita alla ricezione e al pernottamento degli ospiti risale a quindici anni fa. «Già da qualche tempo si parlava di multifunzionalità delle aziende agricole. Vedevo colleghi toscani e trentini che aprivano l’attività agli esterni e piano piano siamo partiti anche noi, cominciando con la ristrutturazione della casa colonica». All’inizio solo alloggio con cinque stanze e quattordici posti letto a disposizione e prima colazione. «Poi però la richiesta degli ospiti di poter consumare un pranzo o una cena è stata sempre più frequente. Da lì abbiamo iniziato ad affinare e costruire una proposta gastronomica e ad attrezzare la cucina. La voce si è diffusa tra gli amici, che sempre più numerosi ci hanno spinto a cucinare anche per loro, e così abbiamo allargato la ristorazione agli esterni scegliendo di proporre quello che da sempre si consuma nelle famiglie rurali.
È il nostro punto di forza: proporre piatti con i prodotti del territorio coltivati per buona parte in azienda, ma non solo. E così siamo arrivati ai quaranta posti a sedere, aumentabili eccezionalmente. Numeri limitati per poter servire esclusivamente prodotti locali e stagionali. Di fatto siamo sempre aperti e sempre chiusi perché lavoriamo esclusivamente su prenotazione».
Ricerca e riscoperta della tradizione gastronomica polesana la base su cui poggia l’offerta al Valgrande. «Esiste una cultura e una tradizione gastronomica polesana, per quanto la provincia di Rovigo non elenchi tanti piatti strettamente territoriali. Ma l’anatra, la faraona e gli animali di bassa corte allevati e preparati in modi diversi stanno a pieno nella nostra migliore tradizione, così come il maiale che lavoriamo con salumi e insaccati di nostra produzione, dai salami ai cotechini, alle pancette. E poi il riso, in particolare quello col tastasal (la carne macinata e conciata per fare i salumi), le paste fatte in casa come le tagliatelle». I maiali provengono da un allevamento distante pochi chilometri dall’azienda, gestito da una cooperativa di cui è stato parte anche Alberto. «L’avicolo, invece, tranne le oche, è tutto nostro: anatre, faraone, galline. E così i conigli».
Il cliente secondo Alberto rispetto a 10 anni fa è molto attento. L’invasione di programmi televisivi inneggianti alla cucina fanno sì che si sentano tutti esperti e cuochi capaci. «In ogni caso cercano ancora il prodotto locale e con esso piatti che si stanno perdendo anche nel modo di concepirli e proporli. Si mangia meno carne e per questo abbiamo anche un menù completamente vegetariano». I piatti forti? I bigoli fatti in casa con ragù di corte e la faraona. Gli ospiti arrivano per lo più dall’Italia settentrionale, soprattutto dalla Lombardia, e, per quanto riguarda gli stranieri, dal Nord Europa. Tre i collaboratori agricoli applicati in azienda. Investimenti strutturali importanti non sono in previsione, a parte qualche piantumazione nel frutteto. «Comunque stiamo chiudendo la fase di conversione e da febbraio la nostra azienda diventerà biologica».
Alberto è anche vicepresidente veneto di Agriturist e da vicepresidente sottolinea «l’eccessivo carico normativo e burocratico cui siamo soggetti. Troppi controlli per l’attività che facciamo, considerato che sono tutte piccole e medie aziende. Troppi vincoli. Siamo l’unica regione che chiede che il 65% del proposto sia aziendale, con riduzione al 50% se si utilizzano Dop e Igp. Nel nostro caso utilizziamo il prosciutto Veneto Berico-Euganeo Dop, l’insalata di Lusia Igp e il riso polesano del Delta del Po Dop, oltre ai vini, tutti Dop, del Trevigiano, dei Colli Euganei e del Veronese».
Una buona cucina tradizionale, insomma, servita con garbo e presentata con eleganza. Che si distingue per una ricerca e una sperimentazione continua, fino al recupero e alla rivisitazione di ricette rinvenute negli archivi degli istituti alberghieri locali.
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Gian Omar Bison
>> Link: www.agrivalgrande.it