Nella Laguna Sud di Venezia — Storicamente il primo atto di compravendita di Miana Serraglia risale al 28 aprile 1428. È il primo atto di costituzione di una valle arginata da pesca. L’azienda nei secoli ha avuto varie trasformazioni pur mantenendo la sua fisionomia, la sua destinazione e il suo aspetto primordiale
Miana Serraglia è la prima valle da pesca della Laguna Sud di Venezia ed appartiene, insieme all’azienda a-gricola Sant’Ilario, ad un complesso di 1400 ettari circa destinati ad allevamento estensivo e tradizionale di pesce (404 ettari) e ad agricoltura, soprattutto cerealicola e seminativi (1.000 ettari dei quali 800 coltivati). Due aziende distinte che poggiano acque e terre tra i comuni di Mira e Campagna Lupia nella provincia di Venezia e che l’attuale proprietà ha rilevato un anno fa dall’azienda Alba Srl di Franco Gandolfi, cacciatore appassionato recentemente scomparso. Due imprese parte, a loro volta, del Gruppo Vallette Spa che gestisce, tra affitti e proprietà, ben 3.289 ettari sparsi dal Basso veronese fino al Pordenonese e in buona parte destinati ad alimentare il core business dell’azienda: energie rinnovabili.
Aree coltivate a cereali, soprattutto mais (45%) e poi orzo, frumento e soia da seme che, sommati ai reflui degli allevamenti bovini, suini ed avicoli esistenti alimentano impianti a biogas per la produzione di energia elettrica. Parliamo di 13 megawatt agricoli all’anno che rappresentano l’80% circa del giro d’affari sviluppato dalla holding nel 2016: ventiquattro milioni di euro. «Nell’azienda Sant’Ilario — puntualizza Ivan Furlanetto, direttore agronomico del gruppo per anni impegnato in tutto il mondo con una multinazionale di macchine agricole — vantiamo 800 ettari coltivabili che nei disegni del gruppo saranno riservati ad attività agricole ultra moderne: irrigatori di ultima generazione, drenaggi, ecc…; e poi agricoltura conservativa (200 ettari) e di precisione che sono parte di specifiche sperimentazioni finanziate dal PSR Veneto.
Oltre a questo abbiamo destinato tredici ettari a superficie vitata. Arriveremo alla prima vendemmia utile nell’estate del 2018: 10,5 ettari a glera per la produzione di Prosecco Doc e 2,5 a Pinot grigio per Pinot grigio delle Venezie Doc. Il tutto sarà raccolto con vendemmia meccanica e vinificato a Dolo (VE) presso la Cantina sociale della Riviera del Brenta alla quale aderiamo. Il progetto prevederebbe di arrivare, nel tempo, a cinquanta ettari di vigneto».
E un pensierino sulla possibilità di dotarsi di una cantina vera e propria diventando azienda vitivinicola si capisce lo stiano facendo. Storicamente il primo atto di compravendita dell’azienda Miana Serraglia risale al 28 aprile 1428. Il primo atto di costituzione di una valle arginata (serraglia) da pesca. L’azienda nei secoli ha avuto varie trasformazioni pur mantenendo la sua fisionomia, la sua destinazione ed il suo aspetto primordiale. Un ambiente che ancora oggi rispecchia i secoli passati. Le ultime proprietà sono state di Raul Gardini, precursore della chimica verde, che col Gruppo Ferruzzi acquistò nel 1962 i terreni da Montecatini ed Edison per quella che doveva diventare la terza zona industriale di Marghera. Con i Ferruzzi ci sono stati i primi lavori importanti per la sistemazione dei terreni con impianti di drenaggio ed altri interventi per dare forma e modernità all’azienda. Dopo di loro è iniziata l’epoca Gandolfi (1995–2015), dai quali è stata acquistata dal Gruppo Vallette nel 2015 e scorporata in azienda agricola Sant’Ilario e Valle da pesca Miana Serraglia, due società distinte.
Sant’Ilario che, come detto, vanta 800 ettari coltivabili e nei disegni del gruppo sarà destinata ad attività agricola ultra moderna: irrigatori di ultima generazione, drenaggi, agricoltura conservativa (200 ettari), ecc… E Miana Serraglia che si accinge al rilancio, aspirando alla chiusura dell’annosa vicenda giudiziaria pendente con l’Agenzia del demanio, che ha interessato tutte le valli da pesca della laguna veneziana, e da risolvere, confidano, sulla scia di alcune sentenze (Valle Pierimpiè, Nda) già passate in giudicato: terra dell’azienda, acqua dello stato data in concessione.
«Siamo arrivati che la valle aveva bisogno di notevoli lavori», evidenzia Mario Strozzi, consulente vallivo di lungo corso. «E adesso ci troviamo con lavori da fare, in parte già avviati, per un importo di un milione e mezzo di euro circa: scavi, arginature, reti di protezione, ecc… E un’attività di allevamento da riproporre. Partiamo pressoché da zero, con l’ultimo investimento in semina di avannotti dello scorso anno, acquistati dai pescatori di Burano e pari a circa 50.000 euro».
«Il lavoro che sta facendo Mario — sottolinea Furlanetto — è importantissimo per arrivare a proporci nel tempo con un marchio aziendale che identifichi il nostro prodotto. E magari arrivare a proporlo nello “Spaccio del Contadino” (sodalizio territoriale che unisce produttori di latte e carne e derivati nelle Cantine sociali di Dolo e Noale, Nda)».
In Miana Serraglia sono impiegati tre dipendenti e due stagionali e come le altre valli versa in una situazione di precario equilibrio economico che verrebbe raggiunto soltanto portando a maturazione un quintale di pesce ad ettaro. «Un pesce che deve essere pagato per il valore qualitativo e organolettico che realmente ha e che soprattutto — sostiene Strozzi — deve essere difeso dai predatori, cormorani in primis. Fanno strage di pesce quando scendono a migliaia nelle nostre vasche. È in assoluto il problema più grosso».
L’alimentazione è naturale, nessun mangime. E la salinità della valle, garantita dal giusto ingresso di acque dolci e salate regolato da chiaviche, risulta idonea a garantire la montata, la risalita progressiva dei pesci nelle diverse zone di crescita e pari a 20/25 parti per mille (33 per mille il mare).
Del totale di pesce allevato il 40% è rappresentato da orate, il 30% da branzini e il resto diviso tra cefali ed anguille. «Il nostro obiettivo — conclude Strozzi — è quello di aprirci al territorio, alle scolaresche, alle gite organizzate di chi vuole conoscere le peculiarità delle valli da pesca. Un unicum da preservare per la storia e la cultura che rappresenta».
Gian Omar Bison